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Non è tempo di Alentejo

La viaggiatrice, lo abbiamo detto, non aveva fatto un programma di viaggio. Sapeva di dover tornare a Porto, dopo non molto ma neppure poco: due settimane. E preferiva non percorrere le stesse strade dell'andata. Avrebbe fatto, è di nuovo il caso di dire, una volta.
Giunto il momento di lasciare la Serra de Estrela, non si è posta il problema: ha seguito la strada su cui un'ora dopo sarebbero passati i ciclisti, divertendosi a guardare tutti questi cittadini portoghesi che sotto il sole bordavano le strade in attesa degli atleti. Arrivata a Castelo Branco però aveva fame e si è fermata per un panino col presunto al bar di fronte alla chiesa, condividendo il momento di pausa con gli invitati al matrimonio, sudati nei loro abiti da cerimonia.
A quel punto ha deciso di abbandonare per sempre la Volta, che era giunta ormai alla penultima tappa (l'ultima si sarebbe svolta l'indomani dalle parti di Sintra), dirigendosi verso il fiume Tejo. Ancora per pochi chilometri lo avrebbe sentito chiamare così: se si fosse spinta un po' più a Est già la dolcezza di quel nome si sarebbe persa di fronte alla sobrietà del Tago, come gli spagnoli usano appellarlo comunemente. Attraversato il Tejo nei pressi di Vila Velha de Ródão, la viaggiatrice si è ritrovata in Alentejo (lo dice la parola stessa: al di là del Tejo).
Vi avranno insegnato che non bisogna prendere decisioni avventate. Che non ci si deve fidare della prima impressione. Che non si può generalizzare. Ma le regole del viaggio sono diverse dalle regole della vita e chi viaggia le decisioni avventate deve prenderle. In quel pezzo di Alentejo che la viaggiatrice ha percorso c'erano 39 gradi e niente fiumi; vento, nemmeno a parlarne. I sugheri stavano là, con i loro tronchi mutilati. Qualche ulivo e i muretti a secco. Tutto era piatto. Le pietre e la terra, gli alberi e le case, il cielo e l'aria: tutto aveva sete. La viaggiatrice non ci ha pensato molto su: ha invertito il senso di marcia ed è tornata indietro. Si è detta: ci tornerò quando non farà tanto caldo. Un altr'anno. Ha quindi seguito di nuovo il Tejo, per convincersi definitivamente che era lì e che segnava davvero un confine, o molti di più.
Quando aveva sete e voglia di sgranchirsi le gambe è apparso un cartello che diceva: Castelo de Almourol. Una di quelle magie che capitano ogni tanto ai viaggiatori. All'interno del sito, mentre ammirava questo monumento medievale scenograficamente posizionato lungo la riva, ha letto che tale castello evoca il ricordo dei templari ed è un emblema del periodo della Reconquista. A quel punto la viaggiatrice, rinfrancata e pacificata, è rientrata nel Ribatejo, ha messo una metaforica pietra sull'Alentejo e si è diretta felicemente a Tomar.

L'arrivo in una città sconosciuta spesso avviene in una buona predisposizione d'animo: il viaggiatore ancora non sa nulla di lei ed è curioso di esplorarla. A volte può capitare che il viaggiatore sia stanco e poco propenso alla nuova conoscenza e che ci metta un po' per entrarci in confidenza. Tomar ha fatto subito una buona impressione alla viaggiatrice. Ha lasciato l'auto in un civile parcheggio multi piano ed è andata a cercare un hotel. L'ufficio del turismo ha reso di buonumore la viaggiatrice, che ne è uscita sorridente dicendosi, Chi avrebbe mai detto che a Tomar ci fosse un Ufficio del turismo così ben organizzato, con delle impiegate così cordiali ed efficienti?
D'altra parte la cittadina ha tutte le carte in regola per fare buona impressione sui viaggiatori di passaggio: le ringhiere di ferro battuto, le finestre, le piastrelle, i cigni, i lampioni, i vasi fioriti, e poi il giardino, il mulino ad acqua, i ponti sul fiume Nabão; ogni cosa trasuda grazia e romanticismo.
Il monumento più importante della città, il Convento di Cristo, è situato su una piccola collina, come tutte le fortificazioni che si rispettino. In particolare qui, a difendere i confini del regno cristiano dall'aggressione dei temibili mori, erano stati, almeno inizialmente, i cavalieri templari.
Oggi, grazie anche all'iscrizione nel patrimonio Unesco, esso attira numerosi torpedoni dalle cui fauci fuoriescono decine e centinaia di turisti riuniti in folti gruppi, con i quali bisogna fare i conti durante la visita mattutina. A parte gli esempi di stile romanico, gotico e rinascimentale, sono in particolare le soluzioni architettoniche e decorative manueline a sorprendere di più: gargoyle, guglie, statue e corde, croci e sfere armillari, coralli, barbe e foglie, giarrettiere e fibbie di pietra. Un trionfo di singolari motivi che, secondo l'azzardata ipotesi del Maestro, viaggiatore a casa sua, non sarebbero stati possibili senza la musa ispiratrice dell'architettura indiana.

Racconto di viaggio "C'ERA UNA VOLTA... IN PORTOGALLO"

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