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Granada, città del sole e dei fior
Da Cordova a Granada il paesaggio si apre, diventa collinare, giallo di girasoli e fitto di ordinati oliveti. Dopo quasi tre ore di autobus spunta la città, seduta ai piedi della Sierra Nevada.
Per visitare l'attrazione fondamentale di Granada (l'Alhambra) nei periodi caldi, è molto consigliabile prenotare in anticipo. La visita al Palazzo Nazaries infatti è contingentata, cioè ti danno un orario che devi puntigliosamente rispettare (inserendoti in una lunga fila). In estate chiaramente gli orari meno gettonati sono quelli a metà giornata quando la temperatura sale considerevolmente, quindi prima prenoti meglio è. Nel resto del complesso invece ci puoi stare quanto vuoi.
L'Alhambra è una cittadella fortificata, appollaiata sul colle della Sabika, fondata nel Tredicesimo secolo da Nazar il Rosso, sultano di Granada, e poi completata da suo figlio. Dopo la scoperta dell'America diventò il palazzo dei re castigliani, e ciò la salvò dall'oblio. La parte più antica è l'Alcazaba, la zona difensiva, dalle cui torri e giardini oggi si gode un meraviglioso panorama della città e della Sierra Nevada. Il piatto forte dell'architettura islamica mondiale è il Palazzo Nazaries, e in particolare il Salón de Comares e il Patio de Los Leones (i più fotografati in assoluto), mentre il Palazzo di Carlo V oggi è stato trasformato in albergo di lusso. All'estremità opposta, vicino alla biglietteria, c'è il Generalife, la residenza estiva dei sultani Nasridi, collegata all'Alhambra da un ponte e ricca di splendidi giardini fioriti, vialetti di cipressi, cortili, fontane e scorci romantici.
Con l'Alhambra posso vantarmi di aver completato l'album delle quattro più prestigiose testimonianze della presenza islamica in Spagna dall'VIII secolo al XIII secolo. Non dimentichiamo infatti che alla Giralda di Siviglia e alla Mezquita di Cordova, bisogna aggiungere l'Aljafería di Saragozza, che avevo appiccicato sull'album già diversi anni fa.
Cosa fanno i turisti a Granada oltre visitare l'Alhambra? Be', intanto si siedono ad uno dei mille tavolini del centro e smangiucchiano le tapas (che vengono offerte gratuitamente insieme alla bevanda), guardando l'Alhambra che dall'alto domina la città. Poi passeggiano in salita nell'arabeggiante quartiere Albaicín fino a raggiungere il Mirador di S. Nicolás, dal quale ammirano l'Alhambra più da vicino (all'ora del tramonto diventa molto chiaro il motivo del nome arabo al-Ḥamrā, ossia "la Rossa").
Quando proprio non ne possono più dell'Alhambra, riscendono verso il centro e provano l'ebbrezza di trovarsi in Marocco: molte belle sale da tè e venditori di tappeti e babbucce di pelle e odore di spezie, ma con una lievissima (e provvidenziale) differenza: gli immigrati si sono spagnolizzati e nessuno ti rompe i coglioni.
La sera poi i turisti assistono agli spettacoli di flamenco, con o senza ballerina (o, se sono fortunati, anche a dei concorsi di flamenco). Quando non ne possono più anche del flamenco, possono addirittura recarsi in uno dei bagni arabi, cantine rifatte in stile islamico con piscine, musica Buddha Bar e massaggio (non sono proprio economici ma a chi piace il genere rappresentano un'esperienza suggestiva). Ci sarebbero anche la cattedrale e la cappella reale, che custodisce i resti mortali dei Re Cattolici, e la casa di Garcia Lorca (che io, in ogni caso, ho trovato chiusa).
Racconto di viaggio "LO STRETTO NECESSARIO. ANDALUSIA E GIBILTERRA"