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Il Parco Kruger
A nord est si "fanno" i parchi e noi abbiamo "fatto" prima di tutto il famosissimo Parco Kruger, enorme e ricco di paesaggi come la savana subtropicale e il bush. I game drive li abbiamo effettuati nella nostra auto a noleggio, attenendoci ad un regolamento molto rigido. Il safari inizia molto presto sotto un diluvio poco promettente. La scena madre però non tarda ad arrivare: in lontananza, vicino ad una pozza, una carcassa di elefante viene divorata dalle iene; tutto intorno gli avvoltoi aspettano impettiti il loro turno. Dopo questo banchetto disgustoso, nondimeno morbosamente osservato col binocolo, l'ottimismo si impenna improvvisamente, ma purtroppo, ve lo dico subito, tutte le altre aspettative sono state frustrate: nessun sinuoso leopardo sul ramo di acacia, nessun leone famelico che sbrana una gazzella o una zebra, nemmeno un possente branco di centinaia di erbivori.
Il game drive è stato lo stesso molto emozionante, soprattutto per me che non ne avevo mai fatti. La sintesi degli avvistamenti è la seguente: qualche volatile a pois con la crestina fru-fru; teneri gruppetti di impala; una giraffa che si intravede tra gli alberi; un elefante che spunta dal cespuglio; un avvoltoio in cima a un ramo; un camaleonte dello stesso colore della polvere; tartarughe che attraversano lentamente (dovunque sicomori che spuntano dall'alta prateria). Ecco le zebre, simpatiche a coppie con i colli incrociati, o che ti mostrano il sedere; da non confondersi, in lontananza, con gli gnu, che sembravano, nel riverbero del bush, zebre sporche (e tutto intorno la savana sconfinata che brilla sotto le nuvole di panna). E poi il rinoceronte bianco insieme al figlioletto; quello nero solo solo vicino al fiume; qualche bufalo lontano con le corna uguali alle trecce bionde dell'olandesina; un gruppo folto di babbuini giocherelloni; un altro elefante che attraversa la strada, anzi sono tre, in fila; uccelli colorati in volo e rapaci immobili; altre zebre, impala, kudu, nyala, struzzi (acacie a perdita d'occhio e un baobab segnalato). Finalmente una leonessa malata piazzata accanto al ciglio della strada (e nonostante fosse tanto malridotta, per fotografarla si rischia più di un incidente); babbuina che allatta; due giraffe che fanno la ics con il collo (il gate, per un soffio).
Quelli che hanno "fatto" il Serengeti e lo Ngorongoro non fanno altro che ripetere che erano molto più belli e infatti hanno visto un casino di animali, anche in branchi di duecento-trecento esemplari, e persino il leone e il leopardo. Quelli che hanno "fatto" gli altri parchi molto più belli però non li hanno "fatti" nell'estate australe, quando fa così caldo che col cavolo i big five lasciano i loro ombrosi rifugi per farsi vedere da questi turisti muniti di binocolo e teleobiettivo; e quando la vegetazione è così rigogliosa che magari vedi un puntolino giallo o arancione in lontananza e ti fermi quindici minuti ad aspettare che si muova, finché non scopri che non era un ghepardo ma era un ramo. Qualcuno di quelli che hanno "fatto" il Serengeti e lo Ngorongoro, poi ha opinato che era stata un'esagerazione programmare due intere giornate al parco Kruger, il più grande e celebre del Sudafrica.
Poiché nei camp del parco non c'era posto a causa dell'altissima stagione, abbiamo dormito per due notti ad Hazyview, nell'ostello di Adrian, un giovanotto pallido, magro e iperattivo, figlio di una coppia di inglesi che poco prima della sua nascita decisero di impacchettare tutto e trasferirsi in questa terra piena di possibilità. Nei numeri al bancone del bar e nelle selezioni musicali se la cava bene, invece per quanto riguarda la cucina è proprio negato. Adrian sarebbe anche un tipo interessante da sobrio, ma purtroppo durante il giorno siamo impegnati nel game drive e partiamo così presto che lui non ha ancora smaltito la sbornia. Quindi dobbiamo fidarci sulla parola. L'ostello di Adrian ha scioccato i partecipanti meno consapevoli, poco avvezzi a farsi la doccia in compagnia delle rane e ad attraversare corridoi pullulanti di insetti imprecisati, ma si è fatto apprezzare per l'originalità degli ambienti, perfettamente inseriti nel bush circostante, e per il clima festoso che si respirava (comunque consiglierei ad Adrian, en passant, di comprare dei materassi nuovi).
Racconto di viaggio completo "UN VIAGGIO IN CAPO AL MONDO. Un inverno estivo in Sudafrica"