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Afa in Vojvodina

Dopo alcune settimane nella scintillante Asia centrale ex sovietica, il bentornato in Europa me lo avevano dato i tanti homeless che dormivano nella stazione di Budapest, una scena che non vedevo da un po’ e che mi sollecita tutta una serie di riflessioni geopolitiche. Il mio Flixbus arriva a Novi Sad con notevole ritardo, a causa dei lunghissimi tempi d’attesa presso il posto di frontiera di Röszke. In questo luogo sgarrupatissimo, su un cartello c'è scritto che le autorità serbe accettano le carte d’identità kosovare non certo perché riconoscono quello Stato, ma solo per adeguarsi alle regole internazionali.
Novi Sad è il capoluogo della Vojvodina, regione autonoma ai tempi della Jugoslavia, famosa per la sua multietnicità. Si tratta di una grande città di quasi 400000 abitanti, che è stata capitale della cultura nel 2022. Le temperature superano i 35 gradi e per questo lo strand, ossia la spiaggia cittadina lungo il Danubio, è abbastanza affollata. Al tramonto nelle birrerie qui presenti alcuni cantanti allietano i clienti e l’atmosfera è vacanziera. Una promenade lunga otto chilometri e parallela al fiume conduce al centro.
Sulla riva opposta del Danubio si trova la maestosa fortezza di Petrovaradin, la seconda più grande d’Europa, testimone delle numerose battaglie che si sono succedute in questo luogo. L’attrazione preferita dai turisti è la torre con l’orologio "ubriaco", con le lancette invertite: quella grande indica le ore, invece la piccola i minuti. Nell'area della fortezza si tiene il famoso festival musicale Exit, che è terminato proprio ieri, per questo gli allestimenti sono ancora presenti e molti operai sono al lavoro per riportare il luogo alla normalità. Questo festival me l'ero segnato da quando alcuni anni fa me ne aveva parlato una ragazza conosciuta a Lefkada, ma non sono riuscita ad arrivarci in tempo.
Al museo cittadino apprendo che tra il sedicesimo e diciassettesimo secolo la Vojvodina rientrava nei domini dell'Impero ottomano, mentre alla fine del XVII secolo, a seguito della guerra austro-turca, divenne un possedimento degli Asburgo. La popolazione serba partecipò attivamente alla guerra e ciò contribuì all'ascesa della loro coscienza nazionale. Infatti i Serbi poi parteciparono alla cosiddetta Primavera dei popoli, durante la quale Novi Sad fu bombardata dagli ungheresi asserragliati a Petrovaradin. Con la nascita dell'Impero austro-ungarico la regione venne assegnata all'amministrazione ungherese che la sottopose ad un'opera di magiarizzazione così radicale che i Serbi divennero una minoranza. Nel novembre 1918 la Vojvodina si riunì con lo Stato degli Sloveni, dei Croati e dei Serbi, in quello che si chiamerà Regno di Jugoslavia. 
A cena vado al ristorante di Angelo, un siciliano che qualche anno fa voleva cambiare vita, così si è trasferito qui e ha aperto questo piccolo locale con un piacevole patio. Angelo ha preferito non offrire il servizio di bar perché a Novi Sad se la prendono comoda, infatti possono stare anche un'ora e mezza per bere un caffè. D'altra parte lui stesso si è adeguato ai ritmi locali (che poi sono condivisi in tutti i Balcani), infatti l'attesa per il mio piatto di linguine è stata così lunga che alla fine la pasta era stracotta. Angelo mi racconta che qui sono immigrati molti cubani (che poi, una volta preso il visto, si trasferiscono in Italia) e molti russi, i quali – che siano fuggiti dalla repressione, dalle ricadute economiche o dalla coscrizione – in genere sono ben accolti in Serbia; va detto tuttavia che i più pacifisti di loro a volte si possono trovare in contrasto con le autorità serbe, a causa del sentimento filorusso diffuso sia nel governo sia tra la gente del posto. A parte Angelo, nel centro di Novi Sad ci sono un sacco di allegri locali pieni di giovani. 
A pochi chilometri di distanza sorge la cittadina di Sremski Karlovci, consigliata da ogni itinerario turistico per la sua pittoresca posizione tra l'impetuoso Danubio e i pendii boscosi della Fruška Gora, nonché per essere il cuore di una delle principali regioni vinicole della Serbia. L'autobus mi lascia vicino a un bel palazzo dipinto di giallo e rosso, sede del più antico ginnasio del Paese, e subito visito la Cattedrale di San Nicola, di fronte alla Fontana dei Quattro Leoni. Secondo la leggenda, chi beve quest'acqua è destinato a tornare a Sremski Karlovci e a sposarsi: ma evito accuratamente, non essendo interessata a nessuno dei due premi in palio. È infatti un pomeriggio di afa e desolazione, in cui solo le solite comitive di cinesi hanno il coraggio di percorrere indomite le strade della controra. Dopo aver raggiunto il punto di osservazione sudando l'anima in salita sotto al sole e dopo aver ammirato il panorama dall'alto, mi reco alla Chiesa Superiore, dove un ragazzo indigeno a buon' a buon' (trad: senza alcun motivo) mi rivolge due parole in inglese traducibili con "senza Dio". Perplessa da questo incomprensibile giudizio e sconcertata dalle foto di Putin con tanto di grande zeta esposte nelle vetrine di una sede di partito, dichiaro conclusa la visita di Sremski Karlovci.

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