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Vienneserie

“Chi viaggia senza incontrare l'altro non viaggia, si sposta”, ebbe a dire la citatissima scrittrice ed esploratrice francese Alexandra David-Néel. Be', mi ha sorpreso scoprire che molti amanti dei viaggi in solitaria rivendichino il fatto di non voler incontrare nessuno nei paesi che visitano, anzi, partono da soli proprio per non avere a che fare con la gente. Contenti loro, ma non condivido affatto la loro impostazione: in un mondo in cui, piuttosto che la complessità e l'analisi pacata, vigono la semplificazione e il tifo da stadio, viaggiare dovrebbe essere ancora di più un modo per farsi raccontare i fatti da chi li vive e non da chi ci specula sopra.
Quando sono arrivata a Vienna erano circa le 11 di sera, faceva piuttosto caldo e non avevo per niente sonno. Per motivi logistici avevo scelto di dormire nei pressi della stazione centrale e in questa zona l'unico bar che avevo adocchiato aveva appena chiuso. Gli ultimi avventori erano ancora lì seduti a uno dei tavoli e quando ho chiesto loro di indicarmi una birreria mi hanno invitata ad andare con loro in centro. Ed eccomi a vivere la mia prima notte viennese, che dopo la mezzanotte – anche d'estate – è tristemente relegata nei locali al chiuso. In ogni caso, alle 4 ero ancora al bancone a parlare dei disastrosi esiti economici del periodo Covid e dell'attuale politica europea con il titolare di un jazz club; poi come niente sono arrivate le 5, la metropolitana ha riaperto e sono tornata in hotel.
Dopo poche ore di sonno (troppo poche) ho partecipato a un free walking tour nella Innere Stadt, la parte di città circondata dalla Ringstrasse, la bellissima via ad anello, fiancheggiata da prestigiosi edifici, che fu costruita lungo il tracciato delle vecchie mura. Quindi, su indicazione della guida, sono andata alla Casa della storia austriaca (Haus der Geschichte Österreich), il primo museo di storia contemporanea del Paese, inaugurato nel 2018 in occasione delle celebrazioni del centenario della fondazione della Repubblica. L'esposizione principale esplora la storia dell'Austria degli ultimi cento anni mediante oggetti, documenti, opere d'arte e display multimediali. Si parte dalla proclamazione della repubblica democratica dopo la prima guerra mondiale, si passa alla dittatura di Dollfuss-Schuschnigg e poi al regno del terrore nazista fino al 1945, quando gli Alleati liberarono l'Austria e la misero sotto l'amministrazione alleata fino al 1955. Per molto tempo l'Austria si presentò come vittima del nazismo, senza fare riferimento ai tanti austriaci che avevano sostenuto il regime o avevano preso parte ai crimini nazisti; oggi la parte di responsabilità dell’Austria non è più oggetto di dibattito, ma l’ideologia di estrema destra si sta nuovamente diffondendo in ampi settori della società. A questo proposito, tra tutti gli eventi del dopoguerra illustrati, il museo assegna una grande importanza al "Mare di Luci" del 1993, quando circa 300.000 persone si riunirono nella Heldenplatz di Vienna e in diverse altre città per prendere posizione contro il razzismo e l’esclusione; era accaduto infatti che il Partito della Libertà aveva annunciato un'iniziativa popolare che chiedeva di fermare l'immigrazione e di introdurre leggi discriminatorie nei confronti dei migranti. Questo movimento non ha solo criticato l’iniziativa popolare, ma ha messo in luce le tendenze razziste nella società e l’inasprimento della situazione giuridica per i migranti sotto il governo di coalizione socialdemocratico-partito popolare (nonostante ciò, le rivendicazioni contenute nell’iniziativa popolare del Partito della Libertà sono poi state in parte realizzate negli anni successivi, pure da altri partiti). Anche il direttore del Burgtheater, il sontuoso teatro rinascimentale sito sulla Ringstrasse, con il suo programma per la prossima stagione vuole lanciare un chiaro segnale contro le tendenze di destra e autoritarie in Europa, infatti sulla facciata del teatro c'è scritto nero su rosso: "Svegliamoci, prima che faccia di nuovo buio". Grazie alle indicazioni che mi sono state offerte al desk del museo di storia, ho poi visitato l’Archivio di Documentazione sulla Resistenza in Austria dedicato al periodo in cui l'Austria fu inglobata nel III Reich con tutti i noti annessi e connessi (resistenza, persecuzione, esilio, crimini nazisti, olocausto, estremismo di destra).
In questa prima giornata a Vienna, prima di partire per Brno, sono entrata nel duomo di Santo Stefano, capolavoro dell’architettura gotica sormontato da un tetto di tegole smaltate che rappresentano una grande aquila. Sulla torre sud si può salire per godersi il panorama sulla città, mentre nella torre nord si trova il Pummerin, la campana più grande dell'Austria e una delle più grandi d'Europa. Presso la Casa della storia austriaca avevo appreso che il duomo e la campana sono diventati parte integrante del “brand Austria” dopo la ricostruzione della chiesa, danneggiata nel 1945, e che il suono del Pummerin è diventato un simbolo nazionale (insieme alle opere di Strauss) anche grazie all’ente radiotelevisivo austriaco che a Capodanno 1951/1952 trasmise il suo suono per radio, quando la campana si trovava ancora nel cortile del Museo provinciale di Linz: nell'aprile successivo ebbe luogo un significativo corteo trionfale che ha attraversato città e villaggi dell’Austria per trasportare il Pummerin da Linz a Vienna.

Anche le altre due serate trascorse a Vienna, alla fine del viaggio, sono state particolarmente favorevoli alla socialità. In uno dei bar allineati lungo il vacanziero Donaukanal ho conosciuto Mateus, questo ragazzo carinziano che, tra un cliente e l'altro, mi voleva raccontare per forza la storia dei due tipi che da Vienna sono riusciti ad arrivare in treno in Corea del Nord, e che poi mi ha comunicato con amarezza che il suo locale sarebbe stato chiuso definitivamente dopo pochi giorni. C'è un altro personaggio interessante che ho conosciuto a Vienna, anzi più esattamente a Grinzing. Quando ero stata in questo sobborgo, moltissimi anni fa, era una meta molto gettonata, ma questa volta mi è sembrata nient'altro che una tipica destinazione di viaggi di gruppo, piena di grandi autobus parcheggiati lungo la strada; non a caso questo spagnolo era il tour leader di una comitiva proveniente dal sud e centro America e stava mangiando da solo il cibo poco allettante di questa tipica vineria di Grinzing. Io me ne sarei anche tornata subito in centro, se non fosse stato che dovevo caricare il cellulare, così nell'attesa avevo ordinato un bicchiere di pessimo vino rosso. Quando il gruppo ha terminato la cena, sono salita anch'io sull'autobus che ci portava in centro, mentre Gonzalo prendeva il microfono e dava qualche coordinata ai messicani, cileni, ecuadoregni del suo gruppo, molti dei quali non avevano ancora capito in quale Stato si trovassero, visto che la tabella di marcia era piuttosto serrata: il giorno dopo sarebbero andati a Lubiana, il giorno prima erano in Germania e io capisco che questo possa creare parecchia confusione.
Per dormire, ho avuto la fortuna di scovare nelle vicinanze del Prater un posticino piuttosto chic, vicinissimo alla metropolitana, che costava solo 50 euro a notte. Grazie all'abbonamento ai mezzi pubblici della durata di tre giorni, molto conveniente, ho girato in lungo e in largo nella capitale austriaca. Vienna è una città che non se la tira, ha molti spazi verdi e soprattutto possiede una quantità di musei che non basterebbe un mese a visitare, figuriamoci tre giorni; dunque ho dovuto effettuare una severissima selezione. A parte il museo di storia, il primo della lista è naturalmente il Kunsthistorisches Museum, ospitato in un maestoso edificio e sede dell'immensa collezione di opere d’arte messa insieme dagli Asburgo. Salendo l'imponente scalone di marmo si accede alla collezione egizia e del Vicino Oriente, che posso percorrere rapidamente dichiarando in anticipo la mia abissale ignoranza: mi sono soffermata un po' di più solo sugli originali sandali egizi, sul plastico di Giza (che avevo visitato una vita fa) e sull’ippopotamo in ceramica turchese che era segnalato nel depliant. Anche in merito alla collezione di arte antica non sono superspecializzata, comunque il gioiello della collezione del Vicino Oriente è il leone della porta di Ishtar proveniente da Babilonia e quello dell'arte romana la gemma augustea, un cammeo realizzato incidendo un pezzo di onice. Maggiore interesse riscuote per la sottoscritta la kunstkammer, il gabinetto d’arte e curiosità che rappresenta il nucleo originario del museo: l’enorme collezione occupa venti sale e raduna migliaia di opere preziosissime, ma anche originali, e permette di ripercorrere la mitica epopea degli Asburgo. Al piano superiore c'è invece la pinacoteca, divisa in due parti: nell’ala orientale la pittura olandese, fiamminga e tedesca (Dürer, Rubens, Rembrandt, Vermeer, van Dyck e soprattutto Bruegel); in quella occidentale, le opere dei maestri della pittura italiana, spagnola e francese (Raffaello, Caravaggio, Velázquez).
Il Museo Leopold è il più visitato del MuseumsQuartier e ospita l'immensa collezione creata da Rudolf ed Elisabeth Leopold, oggi parte della mostra “Vienna 1900. La nascita del Modernismo”, dedicata a un periodo di grande rinnovamento in moltissime discipline. Nel 1897 Gustav Klimt ed altri artisti fondarono la Secessione di Vienna, che aveva sede nel bellissimo palazzo omonimo; con essa collaborò la Wiener Werkstätte, specializzata in mobili e opere decorative, anch'essi esposti nel museo. Per quanto riguarda Gustav Klimt, della collezione fa parte una delle sue più grandi opere allegoriche, “Morte e Vita”, ma anche i tre dipinti realizzati per l'Università di Vienna, che all'epoca furono ferocemente attaccati scatenando un vero scandalo; anche il loro destino è piuttosto singolare, in quanto i nazisti li sequestrarono dai loro successivi proprietari, li depositarono in un castello della Bassa Austria e li distrussero poco prima dell'invasione dell'Armata Rossa nel maggio 1945. Il più dotato dei discepoli di Klimt era Egon Schiele, di cui il Museo Leopold ospita la collezione più grande e importante al mondo. Durante la sua breve vita (morì a 28 anni) Schiele realizzò circa circa duecento autoritratti e moltissime opere dedicate alle donne più importanti della sua vita, come la modella diciassettenne Wally Neuzil, con cui aveva una relazione quando fu arrestato con l'accusa di abuso su minore, o come sua moglie Edith Harms: il loro matrimonio durò solo tre anni poiché entrambi morirono prematuramente di influenza spagnola. Su un divano è stesa l'inquietante bambola a grandezza naturale sul modello di Alma, la vedova di Mahler, con cui Kokoschka ebbe una storia d'amore. A quanto pare a un certo punto il celebre artista la innaffiò col vino e la decapitò. Simbolico no? Rispetto agli altri discepoli di Klimt e pionieri del Modernismo, Oskar Kokoschka visse molto più a lungo (morì a 93 anni) e partecipò a molti altri eventi: per esempio durante la seconda guerra mondiale venne considerato un cosiddetto "artista degenerato". L’altro artista chiave dell'espressionismo austriaco fu Richard Gerstl, il cui "Autoritratto nudo" anticipa quella "tematizzazione dell'io attraverso la rappresentazione nuda dei corpi degli artisti" che poi diventerà molto frequente tra i pittori della loro comitiva. Gerstl aveva una relazione con la moglie del compositore Arnold Schönberg, quando il marito se ne accorse litigarono e insomma poche settimane dopo la realizzazione dell'autoritratto l'artista si suicidò, a soli 25 anni. Nel 1918 l’Impero finì e nacque la repubblica, molti dei principali protagonisti del Modernismo viennese – come abbiamo visto – erano morti, l'instabilità economica incoraggiò l'autoritarismo e le ideologie fasciste fino all'Anschluss: insomma il fertile suolo della Vienna fin de siècle rimase completamente incolto.
Mozart cambiò spesso casa a causa dei suoi alti e bassi finanziari, ma anche per i problemi con i vicini, dovuti alla musica e al chiasso familiare; l'unica delle sue case rimasta in piedi fino ad oggi si trova in Domgasse 5 ed oggi ospita il museo Mozarthaus. Mozart e la sua famiglia vivevano al primo piano dell’edificio, ma anche i piani superiori sono stati trasformati in sale espositive. Il terzo piano è dedicato alla città di Vienna, che negli anni ’80 del Settecento era in rapida crescita, con una scena musicale fiorente; inoltre viene messo in luce il legame che Mozart aveva con le idee della Massoneria e si racconta la sua predilezione per la vita sociale e il suo amore per i balli, il gioco d’azzardo, la moda ecc. Il secondo piano ci racconta la musica di Mozart attraverso strumenti, spartiti e manifesti delle prime rappresentazioni, inoltre ci fa conoscere degli aneddoti sulla sua collaborazione con Lorenzo da Ponte e ci mostra una sezione dedicata all’ultima opera, il Requiem. L’appartamento al piano nobile si estende su una superficie di circa 177 metri quadri ed è costituito da quattro stanze, due stanzini e una cucina, dove vivevano Mozart, la moglie Constanze, il figlio Karl Thomas, il cane Gauquel, il loro canarino e la servitù: nel periodo in cui visse qui l'artista era all’apice della carriera e compose alcune delle sue operi migliori. Anche se gli arredi non sono gli originali, in ogni stanza sono presenti mobili che Mozart avrebbe potuto possedere.
A parte i musei, sono tornata a Schönbrunn, ma senza entrare nel castello Patrimonio dell’Umanità, questa volta. I favolosi giardini invitano a passeggiare lungo i sentieri che costeggiano le rovine classicheggianti, prima di raggiungere la Gloriette, da cui si gode una vista favolosa del palazzo con la città sullo sfondo. Nei paraggi sorge il cimitero di Hietzing, dove riposano esponenti illustri della Secessione viennese come Gustav Klimt e Otto Wagner, ma anche Engelbert Dollfuss, il leader dell’austro-fascismo assassinato nel 1934, e il compositore Alban Berg. I cimiteri di Vienna sono considerati parchi in cui si va anche a fare jogging e dove con un po' di fortuna si può incontrare un cerbiatto come è accaduto a me. Il Zentralfriedhof è uno dei cimiteri più grandi d'Europa: per raggiungerlo ho preso la linea del tram 71 e ho poi scoperto che quando un viennese dice ‘Er hat den 71er genommen’ (‘Ha preso il 71’) usa una metafora per comunicare che la persona in questione è giunta al capolinea. Accanto a celebri compositori come Beethoven, Brahms, Johann Strauss padre e figlio e Schubert, qui riposano il pittore Hans Makart, lo scultore Fritz Wotruba, l’architetto Adolf Loos, la pop star degli anni ’80 Falco e lo scrittore Arthur Schnitzler.
Una stupenda eccezione all'architettura classica di Vienna è rappresentata dall'inconfondibile Hundertwasserhaus, un complesso di edifici dal design singolare risalente agli anni Ottanta, opera dell’artista indipendente Friedensreich Hundertwasser, che amava le superfici diseguali, le linee curve, i colori sgargianti, le decorazioni a mosaico, le forme organiche. Un'altra cosa che mi è piaciuta molto sono le tipiche gasthaus dove ho avuto modo di assaporare la Wienerschnitzel e il gulasch.
L'ultimo giorno le temperature sono crollate e sono contenta di avere il volo di ritorno in serata, visto che non ho nulla di pesante nello zaino. Il suddetto volo poi è partito con circa quattro ore di ritardo e Ryanair mi ha mandato piuttosto rapidamente un bel regalino di 250 euro per farsi perdonare.

Racconto di viaggio completo: "MITTELEUROPA. Vienna, Moravia e Slovacchia in solitaria"

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