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E allora, mentre i guerrafondai perdono il controllo della situazione – vale per gli israeliani come per i palestinesi –, l’unica speranza che ci rimane è far leva sulle componenti più aperte e illuminate delle loro società, quelle che magari appaiono meno, che in Israele scendono in piazza ma a Gaza e in Cisgiordania non possono neanche esprimersi liberamente.
Il dissennato battibecco nostrano tra opposte tifoserie è un’estensione della guerra. Contribuisce alla falsa rappresentazione di due popoli nemici, i quali non avrebbero altra possibilità che combattersi, e quindi devono sottomettersi alle leadership peggiori. Accettando, gli uni e gli altri, di transigere sui misfatti commessi in nome della propria difesa.
Se parlo di tifoserie è perché davvero questo è il modo in cui veniamo sollecitati a partecipare allo spettacolo osceno della guerra. Anche noi siamo target mirati di una propaganda confezionata su misura in base al nostro livello di reddito e di istruzione, di esposizione ai social, di conoscenza della storia, di profilo valoriale.
Nel triste autunno del 2023, più di una volta mi è capitato di venir fermato per la strada da persone che volevano mostrarmi le immagini atroci ricevute sui loro smartphone, con invito a condividerle. Ho sempre rifiutato di guardarle, e non certo perché io pratichi l’autolimitazione delle notizie, come pure fanno dei miei conoscenti che temono di soccombere all’angoscia. In quei filmati non ravviso controinformazione, ma solo il tentativo di costruire schieramenti sulla base di emozioni primitive.
Non ho bisogno di inorridire scrutando un video al rallentatore, e stabilire così se un neonato israeliano il 7 ottobre sia stato decapitato o “solo” sgozzato dai miliziani di Hamas. Così come non ho bisogno di scrutare la sofferenza di un bambino palestinese che ha subìto un’amputazione senza anestesia. Per formarmi un’opinione, anche su ciò che accade di più raccapricciante, credo sia preferibile leggere le testimonianze e verificarne l’attendibilità tramite i professionisti dell’informazione di cui conosco la reputazione.