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Cabo Polonio: alla deriva

Fin dall'inizio avevo fatto ruotare tutta l’organizzazione dell’itinerario in Uruguay intorno a Cabo Polonio, una piccola penisola dotata di lunghissime spiagge, un luogo isolato dove non arriva né la corrente elettrica né la linea telefonica. I prezzi degli alloggi erano clamorosamente alti, ma l’idea di passare la fine dell’anno a crogiolarmi sulla spiaggia sorbendo caipirinhas in un posto fuori dal mondo mi aveva convinto a prenotare per due notti un posto letto in un ostello.
Effettivamente il villaggio, seppur estremamente turistico, è molto suggestivo con le casette colorate, le infinite spiagge luminosissime, la nutrita colonia di leoni marini da osservare seduti sugli scogli, a favore di brezza, sotto il faro. Allo spettacolo del tramonto si assiste puntualmente ogni pomeriggio in spiaggia, comodamente seduti sulla sabbia; quando l’ultimo spicchietto di sole è sparito all'orizzonte un grosso applauso è scrosciato dalla platea di bagnanti ed è iniziata la preparazione per l’imminente calare delle tenebre, compresa l'accensione simultanea di falò e candele. In realtà non avevo previsto che le temperature calassero così precipitosamente, ma per fortuna avevo un piumino invernale in valigia. Così bardata con doppio strato di vestiti e cappello di lana, dopo una parca ma romantica cena, mi sono messa a guardare il cielo, considerando che raramente mi ero trovata in luoghi così propizi all'avvistamento delle galassie interstellari. Mentre sto rivangando nella memoria le magiche notti in tenda nel deserto del Sahara e le stellate mozzafiato nel mezzo degli altipiani malgasci, le mie elucubrazioni sono state bruscamente interrotte da una voce di donna dal suadente accento brasiliano. Anche Gloria è venuta qui "sozinha", ma il fatto che si sia portata una bottiglia di vodka, e il modo in cui fa la scema col cameriere che gliel'ha tenuta nel congelatore, mi fanno evincere che i suoi propositi per questa vacanza siano molto più bellicosi dei miei.

Il giorno dopo mi sveglio di buon’ora: è l’ultimo dell’anno, la giornata è splendente, la musica d’ordinanza (Bob Marley) inonda la terrazza dell’ostello e io mi rendo conto di avere nel portafogli l'equivalente di meno di 30 euro (con cui qui, nel posto più caro di tutto l’Uruguay, si fa la fame). Il caffè intanto mi viene generosamente offerto dal titolare, Gaston, a cui consiglio di variare un po’ la proposta musicale e spiego inutilmente che il cartello "vera pizza italiana" non mi sembra molto attendibile.
Trascorro dunque la giornata con la mia nuova amica: siamo entrambe entusiaste di trovarci in un luogo così esclusivo, lontano da tutti e baciate dal sole uruguayo; l’unico suo cruccio è non poter condividere i selfie con i suoi follower di Instagram.
Quindi mentre siamo sdraiate a ustionarci allegramente, Gloria mi racconta delle pesanti responsabilità del suo lavoro di commissario di polizia e dei tanti problemi del Brasile come il machismo, i femminicidi, il consumismo, la sciagura di Bolsonaro, la mancanza di rispetto nei confronti degli insegnanti, le disuguaglianze economiche... Quando all’ora di pranzo mi propone di andare a mangiare qualcosa al grazioso ristorante sulla spiaggia, sono costretta a confessare la mia temporanea penuria di contanti (d’altra parte i bancomat non ci sono e nei locali non accettano pagamenti con carta), ma lei non si fa problemi, così per la bellezza di sessanta dollari ci smezziamo un rachitico antipasto di mare e un paio di drink. Il resto del pomeriggio lo passo in solitudine passeggiando per chilometri fino alle meravigliose e imponenti dune, mentre Gloria ha pensato bene di svacarsi mezza bottiglia di vodka, collassando subito dopo sul letto della sua camera singola.
La cena dell’ultimo dell’anno si svolge nel ristorante all’aperto dell’ostello, a lume di candela, e costa tipo 35 euro compresa una bevanda ("puede ser un traaago, una copa de biiino, una cerveziiita…" cantilena di tavolo in tavolo la frizzante cameriera argentina). A me, pietosamente, è stato applicato un generoso sconto. La cosa peggiore dell’ultimo dell’anno a Cabo Polonio non è stato il fatto che al mio tavolo si parlava quasi solo portoghese, per cui sono stata immediatamente tagliata fuori dalla conversazione: disgraziatamente infatti, ingannata dal persistente venticello fresco, mi sono presa una forte insolazione, ho la schiena ustionata e un forte torcicollo; pur indossando praticamente l’intero contenuto della mia valigia non riesco a scaldarmi. Quindi mentre io ho un aspetto ignobile, infagottata in un informe accrocchio di abiti ginnico-fricchettoni, la mia amica del cuore con una bella maglietta scollata non soffre affatto il freddo, inoltre la lunga dormita le ha fatto sparire quasi del tutto i sintomi della sbornia e chiacchiera allegramente nella sua lingua madre, anche quando alla nostra combriccola si è aggiunta Milagros, habitué di Cabo Polonio. Questa esuberante argentina ha subito conquistato la simpatia dell’altro commensale brasiliano, il quale è rimasto molto colpito dalla veemenza con cui essa sbandiera alcune idee di estrema sinistra. A tarda sera è apparso in sala il brasiliano alto e belloccio che avevo conosciuto la sera prima e che da subito si è messo a flirtare con Gloria: da quel momento la cena ha perso interesse per tutti (nonostante non fossero ancora arrivati i secondi e i dolci), è stata salutata la mezzanotte con sbrigativi brindisi e baci, quindi le due coppie si sono eclissate separatamente tra le stradine buie del villaggio, verso la spiaggia. Io sono rimasta da sola al tavolo, a lume di candela, battendo i denti nonostante indossassi tutti i miei vestiti, e sono dunque corsa a ficcarmi sotto le coperte dove mi sono addormentata col sottofondo della musica elettronica.

Al mio risveglio ho chiacchierato con un polacco e un tedesco che da ore continuavano a bere birra ascoltando la musica dei Rüfüs Du Sol (un gruppo australiano di dance alternativa); a questo punto i soldi erano davvero finiti e mi sono vergognata ad elemosinare un altro caffè. Tornata alla porta del Polonio, finalmente ho prelevato i soldi dal bancomat, ma per contrappasso l’equivalente in pesos di venticinque euro, tra quelli appena prelevati, si è volatilizzato nel nulla e non l’ho mai ritrovato. Mestamente mi sono seduta sull’autobus diretto alla capitale. Feliz año!

Racconto di viaggio completo "CERCO L'ESTATE TUTTO L'ANNO. Uruguay, un campo da football sull'Atlantico"