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CHE CAUCASO, UN'ALTRA GUIDA DI VIAGGIO!
Tra la Georgia e l'Armenia
La Georgia e l'Armenia sono due piccoli Stati caucasici, simili ma allo stesso tempo diversissimi tra loro. Intraprendendo l'utile lettura di questa mini-guida, conoscerete le usanze dei relativi popoli e comprenderete come mai amano così tanto l'Italia. Imparerete tutti i segreti per spostarsi da un posto all'altro evitando gli armenti e per sopravvivere una settimana in Georgia senza finire le giornate troppo ubriachi. Capirete inoltre perché è fondamentale scegliere bene i propri compagni di viaggio quando si visitano Paesi dotati di montagne.
Prima di partire
E questa è la provincia che Alessandro non potte passare, perché dall'uno lato è 'l mare e (da)ll'atro le montagne: [...] Egli ànno cittadi e castella assai, e ànno seta assai e fanno drappi di seta e d'oro assai, li piú belli del mondo. Egli ànno astori gli migliori del mondo, e ànno abondanza d'ogni cosa da vivere. La provincia è tutta piena di grande montagne, sí vi dico che li Tartari non pòttero avere interamente la segnoria ancora di tutta.
(Marco Polo, “Il Milione”)
La scintilla iniziale di questo viaggio l'ha accesa − senza saperlo − Lloyd, un amico di Marie che lo scorso anno ha visitato la Georgia. Marie ha ascoltato su Skype i suoi entusiastici resoconti relativi all'ospitalità della gente, ai paesaggi mozzafiato, ai monasteri incastonati nelle rocce, alla deliziosa cucina e, non ultimo, all'interessante rapporto qualità/prezzo e mi ha proposto di andarci. Io ho subito accettato e ho rilanciato proponendole di sconfinare anche in Armenia.
Quando comunicavo la mia imminente destinazione, le reazioni che registravo erano variegate. C'era chi pensava subito agli Stati Uniti (come ad esempio Google Maps, oppure l'impiegata della mia compagnia telefonica mobile); chi faceva una rapida incursione nei suoi ricordi scolastici azzardando un immaginario confine con la Cina; chi chiedeva conferma: «Hai detto Georgia e Birmania, no?» Soltanto un paio di persone mi hanno stupito, quando sono riuscite a collocare i due piccoli stati in quella stretta porzione di terra compresa tra il Mar Nero e il Mar Caspio, occupata in gran parte dalla catena montuosa del Caucaso e storicamente schiacciata tra il gigante russo e quello turco.
I due Paesi, inglobati entrambi per decenni nel coacervo sovietico, da circa vent'anni stanno faticosamente cercando di tirarsi su, inseguendo il lontano miraggio dell'Unione Europea. Con attitudini diverse, però. In Georgia apparentemente sono più dinamici: cantieri aperti e lavori in corso dappertutto, voglia di vivere e di divertirsi, tanta gente per le strade la sera, anche nei piccoli villaggi. In Armenia, al di fuori della capitale, una placida staticità ci ha fatto più volte pensare, tra i tornanti occupati da mucche, i covoni di paglia e i cubetti di letame impilati, che il tempo non sia passato. E, come mi ha confermato un giovane cameraman di Yerevan, a loro piace così.
COMPAGNI DI VIAGGIO
Non avevo mai viaggiato con Marie, ma ero certa che ci saremmo divertite. Certo, qualcuno mi aveva riferito che la prima cosa che fa appena arrivata in un posto nuovo è raggiungere il punto di massima altitudine presente all'orizzonte. E questo mi inquietava un po'. Io e la montagna non siamo proprio in confidenza e, anche se ho fatto dei trekking sull'Annapurna, sulle Prealpi piemontesi, in Madagascar, nello Yemen e in molti altri posti, per me è solo il prezzo da pagare pur di ammirare bei paesaggi e immergermi pienamente nella natura. Insomma a me della sfida sportiva non me ne potrebbe fregare di meno e preferirei evitare eccessive sudate, se fosse possibile.
Marie invece è una che si è fatta tutti i parchi nazionali dell'Australia, ad esempio. È una che in sandali di cuoio da passeggiata per il corso, minigonna e borsetta sottobraccio è capace di smazzarsi otto ore di sentieri, schivando fango, alberi, rovi, pendenze scivolose, senza mai perdere il sorriso, senza sudare, senza fiatone e contemporaneamente osservando e fotografando i fiori e gli insetti.
Di contro, falla arrivare in una località nuova senza albergo prenotato, mentre ha fame e desiderio di una doccia, e si trasforma in un mostro assetato di vendetta. Io ho parzialmente risolto il suo problemino applicando il cosiddetto "metodo Mirko" (dal nome del suo inventore), ossia portandola subito a bere una birra ai primi segni di irascibilità.
Ma io devo ringraziarla veramente, perché se non fosse stato per lei non sarei mai riuscita a raggiungere la chiesa della Trinità di Gergeti − affrontando un sentiero inesistente dove ho scoperto di soffrire di vertigini − e non avrei mai goduto di uno dei panorami più fantastici che io abbia mai visto, di nuvole, cavalli e preti ortodossi alla Chagall. Non avrei mai attraversato la granitica gola di Dariali fino al confine russo. Non sarei mai uscita sana da un trekking di sette ore nel parco di Borjomi-Kharagauli. E non avrei mai visto quell'indimenticabile arcobaleno che collegava i due versanti della montagna, dall'alto della fortezza di Boloraberd.
POPOLI
Non c'è nulla di più istruttivo e gioioso dell'immersione in una comunità di esseri umani di tutt'altra razza, razza che rispetti, con cui simpatizzi, di cui vai fiero pur non appartenendole.
(Osip Mandel'stam, "Viaggio in Armenia")
I georgiani e gli armeni, per quanto numericamente esigui e vicini di casa, sono due popoli molto diversi. I georgiani sono grossi e rustici, allegri e amanti della convivialità. Gli armeni sono più composti, sobri ed eleganti. In Georgia, per dirne una, abbondano abiti di pessimo gusto e paurose ricrescite, in Armenia si notano più messe in piega e meno abbinamenti di colore sbagliati. Gli armeni sono fisicamente più spigolosi (ma chi non lo sarebbe in confronto ai georgiani?) e infatti quando siamo entrate in Armenia la prima cosa che abbiamo notato è stata la scarsità di pance (i georgiani hanno certe pance incredibili che purtroppo, d'estate, è facile vedere nude e pelose, a causa dell'usanza tipica di arrotolarsi la maglietta sul petto).
I georgiani, come ha giustamente scritto la Lonely Planet, sono "ossessivamente ospitali". Ad esempio, un georgiano non accetterà mai nemmeno una sigaretta senza darti nulla in cambio: un archeologo incontrato a Borjomi, che a tempo perso faceva l'istitutore privato, in cambio di una mia sigaretta handmade (operazione che attirava sempre una piccola folla) mi ha comprato un piatto intero di dumpling; al contrario ho rollato diverse sigarette a uomini armeni (anche lì tutti mi guardavano come una marziana) e nessuno si è sentito in dovere di ricambiare. In Georgia un tassista ci ha comprato una barretta di cioccolata per ciascuna durante la sosta in un negozietto; un altro è rimasto più di mezz’ora con noi a Khashuri ad aspettare il marshrutka giusto, prima di salutarci con un bacio sulla guancia. A Yerevan invece, l'ultima sera, siamo andate a cena con due ragazzi del posto in un ristorante molto costoso; loro non hanno toccato cibo, ma hanno consumato delle bevande che al momento del conto non hanno fatto nemmeno il gesto di pagare. Una cosa così in Georgia non sarebbe mai capitata: abbiamo trascorso una serata intera con due ragazzi di Tbilisi e non siamo riuscite a pagare nemmeno un cicchetto.
Anche gli armeni sono stati cordiali e accoglienti, ma in modo più riservato e meno plateale. Lo zio di Arsen ad esempio, che ci ha accompagnato in taxi a Yeghegnadzor, si comportava proprio come un vice-papà. E tutti quelli che ci hanno dato un passaggio in auto sono sempre stati cortesi. E il portiere dell'osservatorio di Byurakan, i nullafacenti che hanno atteso con noi l'autobus alla stazione di Yerevan, albergatori e commercianti, persone buone e fiduciose nel prossimo, che non ti chiedono nemmeno i documenti quando arrivi in una guest house: tanto è vero che a Gori, quella mattina alle 8 quando tutti ancora dormivano, avremmo potuto anche non lasciargli quei 15 euro sul comodino e semplicemente uscire, lasciando scappare i cani (che è l'unica cosa che è accaduta davvero).
Una cosa però li accomuna: nutrono uno spropositato amore per l'Italia (rinvigorito da anni di festival di Sanremo e "La Piovra") e una forte curiosità nei nostri confronti, che tra tanti Paesi belli e divertenti abbiamo invece scelto proprio quell'angolo di mondo per andare a passare le vacanze.
RELIGIONE
In Giorgens à uno re lo quale si chiama sempre David Melic, ciò è a dire in fra(n)cesco David re; e è soposto al Tartaro. E anticamente a tutti li re, che nascono in quella provincia, nasce uno [segno] d'aquila sotto la spalla diritta. Egli sono bella gente, prodi di battaglie e buoni ar[c]ieri. Egli sono cristiani e tengono legge di greci; li cavalli ànno piccoli [a] guisa di chereci.
(Marco Polo, “Il Milione”)
Durante il periodo sovietico la religione era ovviamente osteggiata anche nelle lande caucasiche e le chiese erano chiuse, oppure utilizzate per altri scopi. Crollato il regime, il Cristianesimo non solo ha ripreso il suo posto, ma oggi rappresenta una sorta di riscatto, il simbolo dell'indipendenza e dell'identità nazionale per tanti anni schiacciate.
Molte chiese georgiane sono state restaurate e le figure dei santi rifulgono, splendenti di colori accesi. Esse sono affollate di donne con il capo coperto da un fazzoletto annodato, che seguono le funzioni in piedi (non ci sono sedili nelle chiese), mentre per la strada non è infrequente vedere persone che si fanno tre volte il segno della croce (in momenti e luoghi apparentemente casuali, ma in realtà rivolti verso chiese, statue e altri elementi religiosi). Insomma, la Chiesa apostolica autocefala ortodossa georgiana oggi è un'influente istituzione nel Paese.
L'Armenia invece si vanta di essere il primo Paese ad aver adottato il Cristianesimo come religione di Stato, addirittura nel 301 d.C., e ancora oggi ha una Chiesa tutta sua: la Chiesa Apostolica Armena, detta anche gregoriana, praticata dal 95% degli armeni. Uno dei manufatti più tipici dell’arte religiosa armena è il khatchkar, una croce di pietra, spesso di grandi dimensioni, lavorata come fosse un merletto, usata storicamente per contrassegnare luoghi e tempi da ricordare. Sempre di pietra, ma di tutt'altra proporzione sono gli antichi monasteri visitabili in tutto il Paese, straordinariamente omogenei come stile, materiali e tecniche, posizionati in posti difficilmente accessibili e spesso un'ottima scusa per una bella passeggiata con vista panoramica.
TRASPORTI INTERNI
Il re dei mezzi pubblici caucasici si chiama marshrutka. Con questo non voglio dire che davvero fossimo in grado di pronunciare questa parola, però ci abbiamo provato fino a che, dopo un elevato numero di imbarazzanti storpiature, non abbiamo deciso di chiamarlo minibus. Esistono vari tipi di marshrutka, ci sono quelli nuovi e quelli vecchi, quelli caldi e bui perché tutte le finestre sono sbarrate e coperte da pesanti tendaggi e quelli più arieggiati e luminosi, ma in comune hanno tre cose: sono affollati, non c'è posto per i bagagli e costano poco. Poiché oltretutto sono anche lenti e non viaggiano a tutte le ore e su tutte le strade (alcune sono terribili), spesso abbiamo dovuto prendere un taxi, che comunque è una cosa molto diffusa tra gli abitanti del luogo, i quali davvero di rado possiedono un'auto.
Le macchine più diffuse sono le Lada e le Volga, sempre piuttosto venerande (e come abbiamo visto quasi sempre adibite a taxi); auto di altre marche le ho viste soltanto nelle capitali. Le strade caucasiche, inutile dirlo, non sono un granché: non solo sono piene di buche e rattoppi, non solo hanno carreggiate strette e molte curve, ma di frequente sono utilizzate da migliaia di mucche come pascolo; a ciò bisogna unire lo stile di guida piuttosto sportivo dei guidatori locali: sorpassi che definire azzardati sarebbe un eufemismo, invasioni di corsia, slalom giganti, il tutto cercando di consumare meno benzina possibile (ad esempio spegnendo il motore in discesa).
CIBO E BEVANDE (SOPRATTUTTO BEVANDE)
I georgiani bevono. Certo, di un sacco di popoli si dice "qui in Calcazia la cultura del bere è molto radicata", o "nel nord della Agelonia già di primo mattino ordinano l'acquavite invece del caffè", oppure "gli Ostresiani sono i più forti consumatori di birra dell'universo". Ma non è niente in confronto alla Georgia.
Esempio 1: conosci una persona e dopo i soliti convenevoli rituali (ah - italiana! - falicitàèunbiccieredivino - conunpanninolafalicità - sonounitalianovero - celentano - sofialoren - comisariocatanimafia - berluscona coordinato con gesti a sfondo sessuale) una delle prime cose che ti dice su di sé è il suo record: 22 birre in 6 ore. Oppure: 3 litri di grappa in una sera.
Esempio 2: vai a visitare Vardzia, un monastero scavato nella roccia, tipo i Sassi di Matera. Incontri uno che ti fa da guida e ti mostra i numerosissimi ambienti, nella maggioranza dei quali c'è una buca dove, anticamente, venivano collocate anfore di 600 litri piene di vino. Proseguendo con la visita l'idea che ti fai è che i monaci non facevano altro che bere e dormire − vabbè a volte pregavano anche (c'è anche una meravigliosa chiesetta con affreschi). Ma soprattutto bevevano. Alla fine ti accorgi che quell'odore di vino che ti ha perseguitato per tutta l'esplorazione del monastero troglodita non è altro che l'alito della guida.
Esempio 3: prendi un taxi. Con l'autista non si può comunicare in nessuna delle lingue a te note, ma si capisce che è in cerca di qualcosa. Rallenta e guarda nelle case al lato della strada. Poi si ferma e scende. Chiede qualcosa. Risale in auto. Il tassista è accigliato. Rallenta di nuovo, salta giù, risale con una busta piena di more di gelso. Sono per noi, ce le vuole regalare. Ma ancora non ha trovato quello che cercava. Finalmente dopo l'ennesima sosta rientra in auto con una bottiglia che sembra acqua, ma a giudicare da quanti soldi ha dato alla vecchia, e soprattutto a giudicare dal suo viso, rilassato e soddisfatto adesso, è qualcosa d'altro (acquavite di more di gelso, capiamo dopo; noi decliniamo l'offerta).
Esempio 4: nei bar non puoi chiedere un cicchetto di vodka, ma minimo una bottiglia; e le bottiglie di birra più diffuse sono da due litri.
D'altra parte la statua della Madre Georgia, che spicca nel panorama che circonda Tbilisi, nella mano sinistra tiene una coppa di vino (però nella destra impugna una spada, riservata ai nemici). In Armenia si trinca meno, ma anche qui si producono diversi distillati di frutta e inoltre è molto noto il konyak locale, o brandy (amato, si dice, da Winston Churchill). Entrambi gli Stati, giusto per compensare, producono acque famose: quelle georgiane più preziose sono frizzantissime e praticamente salate.
Passiamo alle cose solide. Uno dei cibi preferiti dai georgiani di montagna e ammirato da tanti si chiama khinkali ed è una sorta di gnocco di pasta bollita ripieno di montone molto pepato (in pratica il dumpling cinese), ma il piatto georgiano per antonomasia è il khachapuri, una sorta di pizza condita con formaggio, con le due varianti (completamente diverse nell'aspetto): una in pasta sfoglia rettangolare e l'altra a forma di barchetta ripiena di uovo. Purtroppo il condimento prediletto è il coriandolo, che ti ritrovi praticamente in ogni piatto, dalle zuppe alle insalate.
In Armenia invece ci si avvicina più alla cucina del Medio Oriente, per i pasti veloci si mangia il burek di pasta sfoglia e c'è molta più scelta di verdura e frutta. Entrambi i popoli vanno matti per la carne al barbecue (in Armenia te la arrotolano dentro al lavash, che è il loro pane, sottilissimo come un foglio di carta). Il pesce più pregiato è lo storione, che costa un casino e ormai è praticamente solo di allevamento, e non è difficile reperire trote. Nonostante i milioni di mucche, di formaggio sembrerebbe che ne sappiano produrre solo un tipo, che è super acido.
ARCHITETTURA
In cuor mio bevvi alla salute della giovane Armenia con le sue case di pietra color dell'arancia.
(Osip Mandel'stam, "Viaggio in Armenia")
Ora, io ho intitolato questa sezione "Architettura", però devo confessare che di architettura non ne capisco granché. Comunque, in Armenia il fatto è semplice: le case sono uguali in tutto il Paese, costruite con grandi blocchi squadrati di pietra arancione. È vero che ci sono case di piccole dimensioni e condomini più grandi e a più piani, però il colore dei muri è sempre lo stesso. Non mi chiedete perché visto che non lo so, però ho pensato due cose: o in tutto il Paese la roccia ha lo stesso colore, oppure la roccia “color dell'arancia” la prendevano tutta da un posto imprecisato trasportandola in tutti gli angoli dell'Armenia. Poi vabbè ci sono anche i container che risalgono ancora al terremoto dell'88 e che in alcune località sono ancora in uso, ma non c'è da stupirsi visto che la stessa cosa avviene in Irpinia e sono passati anche più anni. A questo proposito, mi hanno raccontato che gli armeni erano molto all'avanguardia sin dall'antichità in merito alle norme antisismiche, ma poi, quando sono arrivati i sovietici, con molta faciloneria hanno ricoperto di cemento tutto quello che trovavano e per questo motivo importantissimi monumenti del patrimonio nazionale si sono sbriciolati alle prime scosse.
Chiuso così facilmente il discorso delle case armene c'è il discorso delle case georgiane, che è più complesso. Le abitazioni tradizionali sono di legno, con balconi intarsiati sporgenti e colori pastello. Nella zona vecchia di Tbilisi in alcuni casi sono state restaurate, in altri sono ancora lasciate a se stesse; inoltre in molti quartieri si possono vedere case di pietra piene di crepe e oleandri che ci crescono dentro, oppure abbandonate o esplose, aperte come le case di bambola, soprattutto nelle zone sottoposte a lavori. Altre case georgiane hanno i tetti di tegole rosse, e nelle grandi città spiccano i tipici palazzoni di cemento in stile sovietico con i balconi incassati e colorati. Il miscuglio più insostenibile è presente però a Batumi, dove catapecchie con il tetto di lamiera convivono con normali palazzine anonime, case di legno, condomini di cemento, grattacieli degli hotel, campanili di stampo germanico, pinnacoli alla praghese, facciate in stile francese. Qui tra l'altro i lavori in corso fervono in maniera ancora più paranoica.
STORIA
L'Armenia non è solo uno spazio geografico, è un 'identità. Pensaci un istante. Hai mai provato a contare quanti sono stati i popoli che ci hanno invaso, occupato e tiranneggiato? Quegli invasori hanno potuto radere al suolo le nostre case e devastare i nostri campi, ma non sono mai riusciti a sradicare la nostra memoria. Ricorda: la memoria armena è immortale.
(Gilbert Sinoué, "Armenia")
Il territorio caucasico è popolato sin da tempi antichissimi. Per dirne una, la Colchide (la parte occidentale della Georgia, affacciata sul Mar Nero) secondo il mito sarebbe la fantastica terra del vello d'oro ricercato da Giasone e dagli Argonauti. Come tutte le regioni di passaggio, la storia è stata molto travagliata: nei secoli si sono avvicendati popoli come i Persiani, i Bizantini, gli Arabi, i Mongoli, i Mamelucchi, gli Ottomani. L'età aurea della Georgia fu quella vissuta sotto la dinastia Bagration, durante il basso Medioevo: i maggiori rappresentanti di questa dinastia furono gli onnipresenti Davide "il costruttore" e la regina Tamar.
Gli Armeni invece sono un popolo antichissimo, il cui capostipite, Haik, secondo la leggenda sarebbe il discendente di Noè; infatti il Monte Ararat è tradizionalmente considerato il luogo dove si posò l'arca dopo il diluvio universale. L'Armenia raggiunse l'apice del suo splendore dal 95 al 66 a.C., quando la cosiddetta Armenia maggiore si estendeva dal Caucaso all'attuale Turchia orientale, fino alla Siria e al Libano. Dopo varie vicissitudini (sotto i romani, i Persiani, i Sasanidi, i califfi, gli ottomani, i sovietici) l'Armenia attuale costituisce solo una piccolissima parte del territorio armeno storico, che si estendeva anche in Turchia (l'Anatolia Orientale e la Cilicia) e Persia; la storia dell'Armenia, dunque, si identifica piuttosto con la storia degli armeni, popolo errante e ancora oggi disseminato in tutto il mondo (vivono più armeni all'estero che in Armenia).
A partire dall'Ottocento sia la Georgia sia l'Armenia entrarono nell'impero russo, e poi nell'Unione Sovietica, di cui hanno fatto parte fino al 1991. Il Caucaso è un coacervo di popolazioni e religioni diverse: se durante il periodo sovietico tutte le brame di autonomia erano schiacciate, dopo l'indipendenza sono venute fuori tutte quante e ancora diverse situazioni sono irrisolte. Il Nagorno Karabagh (chiamato Artsakh dagli armeni), enclave armena all'epoca assegnata all'Azerbaigian da Stalin, attualmente è sotto tutela armena, ma rivendicato strenuamente dall'Azerbaigian. Le regioni georgiane dell'Abcasia e dell'Ossezia del Sud, invece, nel 2008 si sono autoproclamate indipendenti e sono governate da separatisti pagati e addestrati da Mosca.
Il contrasto più noto a livello mondiale è però quello tra gli armeni e i turchi (infatti la frontiera tra i due paesi è chiusa e per andare dalla Turchia all'Armenia passano tutti per la Georgia). La ragione fondamentale è rappresentata dallo sterminio degli armeni, compiuto dagli Ottomani alla fine dell'Ottocento e in seguito, in modo più significativo, nel 1915-16. La Turchia ancora oggi nega che si sia trattato di un genocidio, e questo è uno dei motivi per cui le potenze occidentali non vogliono dare l'ok all'ingresso nell'Unione Europea di questo Stato.
In realtà le versioni dei due popoli sono molto diverse, anche per quanto riguarda il numero delle vittime, ma va detto che anche gli storici bipartisan non possono provare che si sia trattato, a livello giuridico, di un genocidio, poiché non è disponibile una documentazione che chiarisca definitivamente la verità su quei fatti. D'altra parte si tratta di una questione squisitamente tecnica, e nessuno mette in dubbio le atrocità e le sofferenze patite da questo popolo durante la deportazione ordinata dal governo dei Giovani Turchi all'inizio della Prima guerra mondiale; centinaia di migliaia di persone (come minimo) costrette a lasciare le proprie case per attraversare deserti e terre inospitali, senza cibo né acqua, sottoposte alle peggiori violenze e privazioni. Questa vicenda viene ben documentata nel Museo del genocidio di Yerevan, creato nel 1995.
GEORGIA E ARMENIA, OGGI
Dalla finestra spalancata sul fiume, Tbilisi, nella caligine della prima luce, è come il sogno di una città: le rovine di un antico castello, la guglia di un vecchio campanile, le case attaccate alla roccia come fossero nidi di aquile giganti, gli intarsi di legno, come merletti che ornano i balconi delle eleganti residenze lungo il fiume.
Una gioia trovarsi dinanzi alla diversità della fantasia, dinanzi a una città che ogni volta ha saputo rinnovarsi sulle rovine della precedente!
(Tiziano Terzani , "Buonanotte, Signor Lenin")
Fino a qualche anno fa la Georgia era piena di corruzione e delinquenza, tanto che all'inizio del Duemila molte ambasciate straniere sconsigliavano di recarsi a Tbilisi. Nel 2004 con la cosiddetta "rivoluzione delle rose” ha preso il potere questo giovane presidente, che ha scalzato quella mummia di Shevarnadze, e la città si è data una bella ripulita, ha piazzato un sorprendente numero di poliziotti praticamente ovunque e − giura il nostro nuovo amico Wato − se perdo la borsa, entro pochi minuti il malloppo viene recuperato. Insomma possiamo stare tranquille, ribadisce mentre nel parco, vicino alla torre della televisione, guardiamo il panorama della città di Tbilisi spalmata sotto ai nostri occhi. E infatti avevamo visto da sole che dovunque era pieno di poliziotti (la maggior parte però − diciamolo − con le mani in mano).
L’economia è in ripresa, l’erogazione dell’energia elettrica e del gas si interrompe molto più di rado (di rado, non mai), ma come in tutti i paesi ex-comunisti, c'è sempre chi è nostalgico del periodo sovietico, quando i servizi di base erano garantiti. Questo me lo racconta Mikheil, seduto accanto a me nel minibus mentre andiamo a Davit Gareja, che gestisce insieme alla sua famiglia un Bed & breakfast a Sisian. Le cose non gli vanno male, i turisti non mancano e la sua famiglia fa buoni affari; ma non per tutti è così. E infatti per molti il sogno è trasferirsi in Italia o in un altro Paese occidentale.
Dopo la rivoluzione e soprattutto dopo i fatti del 2008 la Georgia si è progressivamente allontanata dalla Russia dal punto di vista economico e politico: per esempio il petrolio viene importato dall'Azerbaigian. In Armenia invece il monopolio della fornitura delle risorse energetiche lo ha ancora la Russia (gas e petrolio devono comunque passare dalla Georgia, che incamera le tasse di trasporto). Qui però la situazione economica per certi versi è migliore, grazie alle rimesse che gli armeni emigrati all'estero inviano ai parenti rimasti in patria. Gli armeni emigrati sono milioni e anche il turismo si regge, in pratica, sui loro soldi. Diversi di loro, soprattutto chi è emigrato di recente (nei terribili anni Novanta), medita di tornare in patria a godersi la pensione, come questo signore che incontriamo alla teleferica di Tatev, in vacanza con tutta la sua famiglia ormai stabilmente insediata in Francia.
ALCUNE A(R)MENITÀ
Ancor vi dico che in questa Grande Erminia è l'arca d[i] Noè in su una grande montagna, ne le confine di mezzodie in verso il levante, presso al reame che si chiama Mosul, che sono cristiani, che sono iacopini e nestarini, delli quali diremo inanzi. Di verso tramontana confina con Giorgens, e in queste confine è una fontana, ove surge tanto olio e in tanta abondanza che 100 navi se ne caricherebboro a la volta.
(Marco Polo, “Il Milione”)
- I rotoli di carta igienica caucasica non hanno il buco in mezzo, utile per infilarli nell'apposito porta-carta igienica. La suddetta carta è simile alla carta vetrata.
- Le lapidi tipiche sono realizzate in marmo nero sulla cui superficie è inciso un ritratto del defunto così minuzioso e dettagliato da sembrare una fotografia. In certi casi nel lato B della lastra è rappresentata la stessa persona nell'attività svolta in vita, oppure al momento dell'incidente che lo ha portato alla morte.
- Nella mia personale classifica dei bagni peggiori del mondo, sono entrati a pieni voti un bagno georgiano (sulla strada tra Kasbegi e Tbilisi, vicino a una piccola cascatella) e un bagno armeno (nei paraggi di Martuni, sempre sulla strada). In confronto il bagno di Caibarien, Cuba, impallidisce nel ricordo.
- Nei Paesi caucasici ci sono dei sanatorium sovietici pieni di specchi e tappeti dove ti sembra di stare in un film.
- Nei Paesi caucasici per accedere alla professione di tassista esiste un test di selezione molto duro: ti chiudono in una stanza 24 ore e contano quante sigarette fumi; se fumi minimo 4 pacchetti in una giornata il posto è tuo. (Vabbè, questa non è vera.)
- La Georgia non appare su Google Maps (cioè, appare, ma è vuota).
- I georgiani hanno un debole per le ruote panoramiche.
- Le donne georgiane stanno sedute a fare niente non solo nei giardini delle città dove sono emigrate, ma anche in quelli di casa loro.
- In alcuni ristoranti di Tbilisi gira un fotografo che ti scatta la foto al tavolo con i tuoi amici e poi la stampa e te la vende.
- A Tbilisi c'è un ponte tutto di vetro che i cittadini chiamano "Lines Idea" perché è uguale a un assorbente.
- Gli armeni quando si mettono in posa per una fotografia si sforzano di stare seri.
- In Armenia i sedili dei taxi e le ringhiere dei balconi sono ricoperti da tappeti.
- I poliziotti armeni hanno dei cappelli enormi ridicoli.
- L'Ararat si trova in territorio turco, però gli armeni dicono che la parte che vedono loro è la più bella.
- A Yerevan, la metà dei cittadini di lavoro fa il tassista.
- Yerevan è una capitale incredibilmente costosa per quanto riguarda le accommodation, priva di grande attrattiva e in estate calda da impazzire. Nonostante ciò, la maggior parte dei tour organizzati fa base qui, permettendo di visitare in giornata la maggior parte delle altre località di interesse.
Diario di viaggio in Georgia e Armenia
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