- Categoria: Racconti in Europa
HOP ON HOP OFF
Malta in solitaria
Con il passare dell’età e l'accumulo degli Stati visitati, sempre più di rado mi accade di provare quella piacevole sensazione di innamoramento per un luogo. Bene, nemmeno per Malta è scattato il colpo di fulmine. Tuttavia, a patto che non ci si vada in agosto, anche questo piccolo arcipelago, situato al centro del Mediterraneo e così vicino all’Italia, possiede il suo fascino.
Sbarcata all'Aeroporto Internazionale di Malta, devo aspettare più di un’ora l’autobus che mi conduca a Valletta, la più piccola capitale dell’UE. Sul display appaiono gli orari in cui i mezzi dovrebbero passare, ma sono orari teorici, che cambiano in continuazione. Nel frattempo il sole tramonta e quando arrivo alla fontana dei Tritoni, che segnala l’ingresso alla città, il cielo è tutto una tavolozza di colori. Mi dirigo a piedi al B&B che avevo prenotato, intanto le luci si sono accese in modo molto sapiente e questa città patrimonio UNESCO mi appare al culmine della sua bellezza. Nel cafè dove consumo un'insalata di polpo allo zenzero e lime, quattro pensionati inglesi al tavolo accanto al mio hanno il viso uno più rosso dell’altro davanti alla loro Cisk. Gironzolando nella regolare griglia di strade della capitale, trovo accidentalmente un bar dove suona un trio. Il bassista è croato e mi consiglia di visitare Malta su un autobus Hop on hop off, poiché l’isola custodisce molti tesori nascosti e dall’alto si vedono cose che dalla strada sono invisibili. Questa frizzante biondina invece è di Vilnius, ma da molti anni vive all’estero, prima in Calabria, poi in Portogallo e ora qua. Non si è capito che lavoro faccia, ma è evidente la sua inquietudine esistenziale. In questa prima sera a Valletta, annoto delle enormi composizioni di candeline posizionate per terra in elaborati ghirigori (evidentemente una tipica usanza pasquale) e delle strane statue situate agli angoli delle strade; inoltre le auto procedono a folle velocità. La vita notturna di Valletta comunque finisce presto (non siamo mica a St. Julien).
La mattina dopo, prima di dirigermi all'appuntamento per il free walking tour, prendo un cappuccino al bar della struttura in cui soggiorno: su un televisore va in onda il tg di canale 5, su un altro quello della BBC e sull’altro ancora un tg americano. D'altra parte qui l'inglese e l'italiano sono le lingue più parlate, oltre al maltese. Alle dieci vicino al city gate c’è una grande folla che attende di partire per la visita guidata; veniamo suddivisi in gruppi e la guida comincia a raccontarci la storia di questa città che, secondo l'UNESCO, rappresenta una delle zone con la più alta concentrazione di storia al mondo. Si parte naturalmente dall’epopea dei Cavalieri di San Giovanni, che nel XVI secolo per proteggersi dall'attacco dei turchi costruirono in soli cinque anni delle opere di fortificazione tra cui l'enorme fossato e le massicce mura difensive. L'assedio di Malta del 1565 durò quattro mesi, ma alla fine l'Impero ottomano non riuscì a conquistare l'isola né tantomeno ad eliminare l'Ordine ospedaliero di San Giovanni. L'eroica resistenza dei Cavalieri di Malta (come vennero rinominati) dimostrò a tutta Europa che sconfiggere l'Impero ottomano era possibile; non a caso, sei anni dopo, la lega cattolica vinse la battaglia di Lepanto. Il nome della città deriva appunto da Jean "Parisot" de Valette, il Gran Maestro dell'Ordine che organizzò e diresse la resistenza contro gli ottomani, e che in seguito iniziò la ricostruzione dell'isola, semidistrutta dall'assedio, fondando la nuova capitale. Per inciso, Valette morì a causa di un'insolazione proprio mentre dirigeva i lavori.
Malta è sempre stata una preda molto ambita e infatti l'altra storia che appassiona le guide turistiche riguarda Napoleone, il quale nel maggio 1798, mentre faceva rotta verso l'Egitto, giunse alla Valletta con la sua flotta e chiese al Gran Maestro dell'Ordine il permesso di entrare e fare riforimenti. Di fronte al suo rifiuto, Napoleone ordinò alla sua flotta di attaccare l'isola, ma dopo un po' i due si accordarono affinché Malta e tutte le sue risorse passassero ai francesi in cambio di una serie di privilegi concessi ai Cavalieri. Napoleone lasciò sull'isola alcune migliaia di soldati e se ne andò con il resto dei suoi (nel corso della sua brevissima permanenza risiedette a Palazzo Parisio, come testimonia la placca apposita); i francesi invece restarono qui due anni prima di essere sconfitti dagli inglesi, quindi Malta divenne un protettorato britannico fino alla sua indipendenza avvenuta nel 1964.
Molti luoghi stanno qui ancora oggi a testimoniare queste epiche vicende. Ad esempio Fort St Elmo, costruito per difendersi dal Grande Assedio, è stato riaperto al pubblico nel 2015 e ospita il National War Museum, che ripercorre la storia bellica di Malta, dal Grande Assedio alla seconda guerra mondiale, durante la quale Valletta subì intensi bombardamenti da italiani e tedeschi, che procurarono circa 3000 morti e feriti tra i civili. Gli Upper Barrakka Gardens furono realizzati per offrire ai Cavalieri del vicino Auberge d’Italie un luogo in cui riposarsi e rilassarsi, mentre oggi sono un posto ideale per godersi il magnifico panorama che si apre dalla balconata. La terrazza sottostante è occupata dalla Saluting Battery, da dove in passato veniva esploso un colpo di cannone a salve per salutare le navi in arrivo, cerimonia che oggi viene ripetuta ogni giorno alle 12 e alle 16. Il cinquecentesco Grand Master’s Palace, un tempo residenza del Gran Maestro dell'Ordine, oggi è l'alloggio del presidente della repubblica, mentre fino al 2015 era la sede del parlamento maltese. Il nuovo palazzo del Parlamento, progettato da Renzo Piano, è costituito da due enormi cubi di pietra dorata, ma a quanto pare non rientra nei gusti architettonici della guida, la quale si compiace nel riferirci che lo hanno soprannominato la "grattugia" a causa dei particolari intagli progettati per permettere alla luce solare di filtrare all'interno dell'edificio. Lo stesso architetto italiano tra l'altro ha progettato recentemente il Teatro dell'opera che ha sostituito quello ottocentesco, ridotto praticamente in macerie durante la seconda guerra mondiale. Negli ultimi anni Valletta ha vissuto una vera rinascita, le sue case del XVI e XVII secolo con i tipici bovindi colorati sono state restaurate e anche grazie al ruolo di Capitale Europea della Cultura nel 2018 è diventata un importante polo culturale e una meta molto turistica.
Vicino alla Cattedrale è allestito un angolo informativo dedicato a Daphne Caruana Galizia, giornalista e curatrice di uno dei blog più seguiti di Malta, assassinata nel 2017 in un attentato dinamitardo vicino casa sua. Apprendiamo che la giornalista era impegnata in molte inchieste scottanti relative alla corruzione e che la sua morte ha avuto una grande risonanza mediatica. Mammamia! dicono a Malta.
La guida ci parla anche di alcune usanze della zona, ad esempio la passione per il bingo condivisa da parecchie donne, oppure l'abitudine di molti uomini di andare in giro con il proprio uccellino in gabbia. Ci salutiamo vicino alla statua della regina Vittoria seduta sul trono con un ultimo aneddoto: un giorno un ragazzo fece la bravata di arrampicarsi spezzandole un dito; poi glielo hanno reincollato, ma al contrario.
Il mio progetto di visitare le catacombe fallisce quando apprendo che sono aperte al pubblico solo tre giorni alla settimana, nessuno dei quali coincide con la mia permanenza. Allora visito il Museo Nazionale di Archeologia che ha sede nell'Auberge de Provence. Qui scopro che i primi abitanti di Malta vennero dalla Sicilia nel 5900 a.C. e che il complesso di Gigantia, sull'isola di Gozo, è una delle più antiche strutture del genere al mondo, infatti risale circa al 3600-2800 a.C. e per questo insieme ad altri templi megalitici dell'arcipelago è stato dichiarato patrimonio dell'umanità dall'UNESCO. Ma l'interesse principale di questo museo riguarda la rappresentazione preistorica delle figure umane: tra gli oggetti più interessanti esposti nel museo figurano infatti delle stupende statuette come la cosiddetta Donna dormiente, trovata nell’ipogeo di Ħal-Saflieni e risalente a circa 5000 anni fa. Dal sito di Ħaġar Qim provengono invece la famosa "Venere di Malta" e le altre statue che raffigurano donne con cosce e braccia molto robuste e mani e piedi piccoli e minuti (definite "donne grasse" alla faccia del body shaming).
Mentre cerco di digerire un pastizzi, un fagottino di pasta sfoglia ripieno di purè di piselli e cipolle che avevo comprato in una delle numerose pastizzerijas, torno agli Upper Barrakka Gardens per prendere l’ascensore e scendere a pochi passi dal Waterfront. Da qui salgo su una dgħajsa, una specie di gondola a motore che in pochi minuti mi lascia presso la dirimpettaia Vittoriosa. Questa cittadina fu la prima sede dei Cavalieri di Malta, prende il nome dalla ormai nota vittoria nel Grande Assedio ed è la più grande e affascinante delle Tre Città. Vittoriosa e Senglea sorgono su due strette penisole affiancate e collegate tra loro da un ponte pedonale, mentre Cospicua si trova immediatamente a sud di Vittoriosa, con la quale forma un unico agglomerato. Questa passeggiata tra le antiche vie ben conservate mi è piaciuta davvero moltissimo: le porte e i bovindi sono dipinti di colori accesi, qua e là compaiono elaborate maniglie a forma di stella, pesce, cavalluccio marino, i balconi spesso sono dotati di belle ringhiere in ferro battuto, e poi dovunque ci sono gli addobbi di Pasqua, tipo croci ricoperte di lampadine, drappi e stendardi con le immagini di Gesù, dell'ultima cena, di angeli ecc. Un'altra usanza dell'isola sono delle esposizioni chiamate Virja, una specie di presepe che rappresenta l’ultima cena, e poi le già citate candeline posizionate per terra che avevo notato a Valletta. Inoltre le vedute sulla capitale sono fantastiche, per esempio dal Forte St Angelo, il quartier generale di La Valette durante il Grande Assedio, recentemente restaurato, che si trova sulla punta della penisola. Il coevo Palazzo dell’Inquisitore invece oggi ospita un piccolo museo etnografico, che comprende le celle dell’antica prigione e una stanza delle torture.
La sera del giovedì santo le chiese di Valletta sono aperte, ma la cattedrale è piena zeppa e i Caravaggio non si possono vedere. Mentre il sole cala cammino tra le vie in salita e discesa della città, e intanto è scattata l’ora dell’aperitivo. Vado a cena al food court, l’ex mercato alimentare trasformato in un’elegante area ristorazione con cibi da tutto il mondo. Come faccio in qualunque posto del mondo vado alla ricerca di un jazz club, ma al momento trovo solo il club, senza jazz, dunque mi accontento di un bicchiere di Negroamaro chiacchierando con il titolare. Tra le altre cose mi dice che senza gli stranieri (indiani, nepalesi, bangladesi...) praticamente tutte le attività di ristorazione non potrebbero funzionare e anche che nei confronti dei migranti è ovvio che non possono prenderne di più: con una popolazione di poco più di cinquecentomila abitanti su un’area di 316 kmq, Malta è il decimo stato più piccolo del mondo e il quarto più densamente popolato.
Se la vita notturna di Valletta finisce presto, evidentemente nel ristorante sotto la mia camera non sono stati informati.
Visto che nella capitale i prezzi per dormire il venerdì e il sabato di Pasqua erano decisamente alti, avevo deciso di spostarmi per le altre due notti in una guesthouse di Sliema, collegata alla Valletta da un comodo traghetto che fa avanti e dietro a tutte le ore del giorno. Alle 8 di mattina il ristorante sotto il mio B&B è ancora in alto mare (i televisori sono ancora tutti spenti), infatti la sera prima hanno lavorato fino a tardi e anch'io ho fatto fatica ad addormentarmi a causa loro. Me ne vado piuttosto indispettita, non sapendo che mi aspettava di peggio.
L'alloggio che avevo prenotato a Sliema mi sembrava molto carino, ma non c’era la reception, dunque avrei dovuto concordare l’orario di arrivo con la titolare. Non è stato facile. Intanto già dal giorno prima avevo provato a contattarla per chiederle se potevo lasciare almeno lo zaino la mattina, prima di partire per le mie escursioni, ma solo alle 11 di sera si era degnata di rispondermi, ponendo subito molti ostacoli. In ogni caso, alla fine mi ha dato appuntamento alle 9 con la sua collaboratrice con cui avrei fatto il check in. La giovane pulzella mi indica la mia camera, che si chiama Marilyn e che è ancora occupata dall’ospite precedente; il bagno si chiama pure Marilyn e si trova fuori dalla camera ma sullo stesso corridoio. Quando la sera torno per prendere la camera, le chiavi che mi erano state lasciate alla reception non aprono la camera Marilyn. Provo un po’ tutte le stanze (Ray Charles, Louis Armstrong, Bob Marley…) finché riesco ad aprire la camera Amy. Nel frattempo avevo cercato di contattare la titolare, ma per molte ore non mi aveva risposto. Nella camera Amy campeggia una foto gigantesca e inquietante della rockstar Amy Winehouse proprio dietro la spalliera del letto. Un altro pannello mostra alcuni versi del suo brano in cui dice che volevano portarla a fare riabilitazione ma lei ha detto No, No, No. A parte questo, la camera è piccina ma accogliente, c’è anche una minibottiglia di pessimo prosecco e una piccola cassa bluetooth che non funziona. La cosa peggiore è che il bagno si trova due piani più in alto, separato da due rampe di scale a chiocciola piuttosto ripide. Mi lamento con la titolare che molte ore dopo mi risponde con il suo solito tono poco conciliante. A quel punto succede una cosa che non mi era mai capitata in tanti anni, ossia che la tipa (che non vedrò mai in faccia) scrive a booking.com per dire che non mi sono presentata all’appuntamento, in maniera da non ricevere recensioni negative. Questa però è una cosa molto stupida da fare, perché la prima cosa che fa booking è chiedere al cliente se è vero e siccome io gli ho detto che non era vero, dopo alcuni giorni hanno ripristinato la prenotazione e ho potuto scrivere la mia recensione, negativa ma non livorosa perchè avevo capito di che pasta fosse fatta la titolare.
Seguendo il consiglio del bassista croato, mi sono rivolta al napoletano che lavora in uno dei tanti chioschetti sul lungomare di Sliema e ho prenotato l'autobus Hop on Hop off per due giorni, un'esperienza che non avevo mai fatto e che tutto sommato mi è piaciuta.
Il venerdì santo percorro l'itinerario meridionale seduta in alto, nella parte scoperta, anche se la giornata è nuvolosa e minaccia pioggia. Ripasso dalle tre città, faccio una sosta a Zejtun, dove socializzo con gli avventori di un bar, e poi scendo a Marsaxlokk, un grazioso villaggio di pescatori, pieno di rinomati ristoranti di pesce e bancarelle specializzate in souvenir dozzinali destinati alle comitive di turisti. I pescherecci colorati chiamati luzzu brillano al sole ed evocano il passato grazie agli occhi dipinti sulle prue, come le navi degli antichi fenici. In questo porto restò ormeggiata la flotta turca durante il Grande Assedio del 1565, sempre qui approdò il già citato esercito di Napoleone, mentre nel 1989 si tenne il celebre summit tra Gorbaciov e Bush senior a bordo di una nave militare ancorata nella baia. Peccato le evidenti ciminiere della centrale elettrica sullo sfondo.
Scendo alla fermata successiva con l'obiettivo di ammirare il Blu grotto, un arco naturale che si apre nelle scogliere sul mare, ma che poi non sono riuscita a vedere. Ho scoperto infatti che bisognava partecipare a un'escursione in barca della durata di 30 minuti oppure recarsi su una certa piattaforma panoramica, ma non avevo molto tempo a causa del mio progetto di finire tutto il giro e tornare a Zejtun in tempo per la processione del venerdì santo. A Zejtun è convenuta una grande folla per assistere alla sfilata dei centurioni, della banda e di tutti i portatori di statue a grandezza naturale con scene della Passione. Per tornare a Sliema devo prendere l'autobus normale e anche questa volta sto almeno un'ora ad aspettare.
Il sabato, prima di intraprendere l'itinerario nord, sono tornata alla Valletta e mi sono sottoposta ad una lunghissima fila per visitare la St John’s Co-Cathedral. La facciata è molto semplice, mentre gli interni sono opulenti e barocchi: marmo policromo per le lastre tombali sul pavimento, decori d'oro, affreschi, statue, cappelle dedicate alle nazionalità dei Cavalieri dell’Ordine di San Giovanni e poi naturalmente ci sono i due Caravaggio nella sezione apposita: il più grande è "La Decollazione di San Giovanni Battista", che poi sarebbe il patrono dell'ordine a cui è intitolata la cattedrale stessa. Con decreto pontificio del 1816, la chiesa fu elevata allo stesso rango della Cattedrale di San Paolo a Mdina, la sede ufficiale dell’arcivescovo di Malta: per questo viene definita ‘Co-Cattedrale’.
La tappa successiva è Mosta, famosa per la bellissima chiesa di Santa Maria, meglio nota come Rotunda e famosa per la meravigliosa cupola. All’interno è conservata la copia della bomba che colpì la chiesa nel 1942, ma che per un prodigioso caso non esplose, per cui i circa 300 fedeli che si trovavano all'interno rimasero illesi. Miraklu!
E poi il piatto forte dell'offerta storico-culturale di malta: Mdina, l'antica capitale, che sorge arroccata su una collina. Già fortificata dai fenici, divenne una città romana chiamata Melita e poi fu rinominata Medina dagli arabi. Col tempo perse gradualmente importanza, prima quando arrivarono i Cavalieri di San Giovanni, che stabilirono i loro centri di potere al Grand Harbour e a Valletta, ma soprattutto dopo il terremoto del 1693, che danneggiò buona parte della città. Essendo il sabato di Pasqua c'è un grande traffico sia sull'autobus hop on hop off sia tra le vie della città, per cui sembra difficile credere che il suo soprannome sia ‘città silenziosa’. Passeggiando nel reticolo di stradine del centro storico, si notano i vecchi palazzi delle famiglie nobili, edifici color miele realizzati in un elegante stile barocco, e poi il cuore della città, piazza San Paolo, dove sorge la già citata omonima Cattedrale: a quanto pare, quell'indefesso viaggiatore che era Paolo di Tarso visse pure a Mdina. La meta perfetta per una passeggiata sono i giardini pubblici Howard, ai piedi del bastione centrale della cinta muraria, e in quanto al panorama va osservato dalla piazza del belvedere.
Rabat è raggiungibile a piedi da Mdina, è dotata di vie strette e galerijas (i tipici balconi verandati) ed è famosa per le catacombe e i mosaici romani. Il Wignacourt Museum custodisce una collezione molto eterogenea e interessante che spazia dalle catacombe cristiane del IV secolo ai rifugi antiaerei della seconda guerra mondiale, e che comprende anche una serie di esposizioni.
L'ultima tappa odierna è la costa nordoccidentale, dove si trovano due delle spiagge sabbiose più belle di Malta. Essendo ancora freddo, mi risparmio la scalinata di 186 gradini che conduce alla Għajn Tuffieħa Bay, più piccola e selvaggia, mentre Golden Bay è più facilmente raggiungibile, è molto frequentata ed è dotata di bar e servizi. La passeggiata è molto piacevole tra le colline ricoperte di fiori colorati.
L'esperienza sull'autobus turistico è stata positiva: anche se c'era molta gente, ho quasi sempre trovato posto al piano superiore e solo per brevi tragitti mi sono seduta al coperto. Poi ti danno le cuffie con le quali, se riesci a beccare una lingua a te nota, puoi apprendere fatti interessanti su Malta, tipo che esportano tonni e anguille in Giappone oppure che il piatto nazionale è il coniglio, che può essere fritto, arrostito, stufato, servito con spaghetti o cotto al forno sotto forma di pasticcio. A questo proposito mi ha divertito pensare che gli inglesi − sotto la cui dominazione l'arcipelago è stato a lungo − la carne di coniglio non la mangiano.
In merito a Sliema, con i suoi locali con grandi schermi e musica live di infimo livello, la sera non è propriamente entusiasmante. Un'eccezione è il ristorante Ta' Kris, dove ho mangiato un ottimo risotto ai frutti di mare e ho conosciuto un francese, in solitaria come me e molto simpatico, con cui ho condiviso una parte della cena nonché il timore di tornare nella guesthouse e trovare il mio bagaglio messo fuori dalla porta. Cosa che però non è accaduta, anzi − nonostante il bagno situato a due piani di distanza e il pessimo comportamento dell'host − ho finalmente fatto un lungo sonno ristoratore.
La mattina di Pasqua ho il volo ad un orario molto comodo, ma − memore dei ritardi colossali degli autobus − mi sono messa in attesa con largo anticipo, fino a che, circa due ore dopo, l'autobus è arrivato. Mammamia, che ansia!