- Categoria principale: Storie in Asia
- Categoria: Turchia
15 temmuz a Konya
La breve sosta a Konya l’ho prevista fondamentalmente perché è la città dei dervisci rotanti, infatti il fondatore di questo ordine (il poeta sufi persiano Gialal al-Din Rumi) visse qui ed è sepolto nel mausoleo di Mevlana. Ancora oggi i dervisci si esibiscono nella cosiddetta “sama”, che è un vero evento spirituale – e non un balletto turistico come potrebbe capitare in altre città turche – a cui speravo di poter assistere.
Come prima cosa vado ad omaggiare la tomba di Rumi presso quello che – oltre ad essere sede dell'ordine dei dervisci – da circa un secolo è diventato un museo che attira torme di visitatori. Ci mettiamo i copriscarpe da piscina per entrare nella piccola stanza decorata con preziose calligrafie ottomane: qui, oltre al sarcofago di Mevlana, che si trova sotto una cupola verde ed è coperto con un drappo in broccato ricamato d’oro, ce ne sono molti altri, sia di suoi parenti, sia di dervisci.
Del complesso fanno parte altri locali, come la cucina, le celle dei dervisci, una piccola moschea e la sala rituale, dove veniva celebrata la "sama" – stanza che oggi contiene gli strumenti musicali tradizionalmente usati in quell’occasione.
Purtroppo la bellissima cupola conica di ceramica turchese (ispirata all'architettura delle chiese armene) è in fase di restauro e non è visibile.
Nella piazza principale di Konya, non lontano dalle gigantografie del Grande Presidente e di Atatürk (separati da una bandiera nazionale), è stato allestito un palco enorme dove dei chitarristi classici stanno eseguendo il sound check in vista del concerto di stasera. In realtà, ho capito man mano che passeggiavo per la città, l’evento non è un semplice concerto, bensì fa parte della solenne celebrazione della “Giornata della democrazia e dell’unità nazionale”, questa festa nazionale proclamata già nel 2017 per commemorare il fallito colpo di stato di un anno prima. Nelle piazze delle città turche sono allestite delle gallerie fotografiche che celebrano l’epopea del 15 luglio, ricordando gli eventi di quella notte epica: persone comuni scese in piazza per fermare con i propri corpi i carri armati, bandiere che sventolano, gente che festeggia, martiri per la democrazia... insomma una narrazione nuova di zecca che segna una nuova pagina di storia nazionale, scandita dai seguenti slogan: “Türkiye Aşkına” (per amore della Turchia), “bayrak uğruna” (in nome della bandiera) e “demokrasi uğruna” (in nome della democrazia).
Quando mi fermo a mangiare una pita in un bar, il Grande Presidente, nel televisore a parete, sta affermando che il tentativo di colpo di stato è stato uno degli attacchi più vili effettuati contro la nazione, ma che quella notte i turchi hanno eroicamente difeso la repubblica, la democrazia e tutte le conquiste, a costo della vita. Aggiunge che la Turchia attualmente è nel mirino di forze che cercano di distruggerla, ma che supereranno per primi l’inflazione e insomma la Turchia non sarà mai messa in ginocchio da nessuno. In giro ci sono ancora più bandiere del solito, cosa che sembrerebbe impossibile, ma tant’è.
Verso le nove la piazza è gremita: c’è chi è in piedi e sventola la bandiera, moltissimi sono seduti sulle scale della moschea (che è aperta e illuminata), altri siedono per terra mangiando e bevendo bibite analcoliche. Tutti fanno foto e video con lo smartphone. A un certo punto il muezzin si è sovrapposto alle parole dei politici presenti sul palco, le cui immagini sono proiettate sui maxischermi (il primo contributo video, però, era del Grande Presidente). La parola “demokrasi” viene ripetuta in continuazione, le bottigliette d’acqua sono gratis, tra un discorso e l’altro viene sparata musica motivazionale ad alto volume, molti indossano magliette o recano in mano palloncini rossi con la mezzaluna nazionale. Un drone ronzante riprende tutto dall'alto.
In fin dei conti, anche se sono dispiaciuta di non aver potuto assistere alla “sama” (che oggi non ha avuto luogo), è stato molto istruttivo partecipare a questa celebrazione.
Durante la colazione il grande televisore è sintonizzato su un canale di news: il Grande Presidente è andato in visita ufficiale in Iran e Arabia Saudita. Segue una notizia sulla Siria di cui capisco solo la parola “terrorism”, ripetuta di continuo.
Prima di ripartire visito il piccolo museo archeologico e la moschea di Sahib-i Ata, di fronte alla quale c’è un hamam tra i migliori mai provati in Turchia. Per sole 120 lire (7 euro) una donna dedica almeno un’ora e mezza allo scrub (kese) e al masaj, prima di lavarmi i capelli. Per inciso, lo stato di salute fisica e psichica di quando si esce da un buon hamam dovrebbe far parte del patrimonio immateriale dell'umanità. E comunque, per avere un’idea dei prezzi turchi, basta dire che nel ristorante (lokantasi) di fronte al museo una çorba (ammetto che era tremenda, costituita da una specie di yogurt, fagioli giganti, peperoncino ed enormi pozze di olio) servita con insalata di pomodori, pane e una bottiglietta di acqua, costa appena 25 lire (un euro e mezzo). A parte il venditore di tappeti, quello felice di rivedere un turista occidentale nella sua città, l’unica altra persona con cui ho realmente dialogato nelle 24 ore passate a Konya è stato il cugino del barista dove ho preso una Pepsi, il quale conosce un po’ di inglese perché ha lavorato due anni in Cappadocia, ma che sono costretta a salutare dopo poco perché ha iniziato a insistere per venire con me a Bursa.
Galleria fotografica Ankara, Konya e Bursa
Racconto di viaggio "COSE TURCHE. Destinazione Cappadocia"