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UN WEEK-END ANSEATICO a Lubecca

L'esistenza del volo low-cost da Mailand (in realtà, più che Milano, Bergamo) ad Hamburg (in realtà, più che Amburgo, Lubecca) mi permette di trascorrere un simpatico fine settimana pre-natalizio molto anseatico. Già la fauna che popolava l'aereo alla partenza di un venerdì sera di fine novembre particolarmente tiepido potrebbe meritare un capitolo a parte. Il fatto che fossero in maggioranza gruppi di giovani uomini i cui accenti denunciavano provenienze le più svariate dall'amato stivale doveva farmi comprendere immediatamente le ragioni per cui tale meta è ambita. Che poi sono le solite ragioni di sempre: sport, motori e figa. Nella fattispecie i gruppi più vivaci si recavano ad Amburgo per un addio al celibato, un raduno di bikers, una partita di calcio (caratteristiche in comune: ormoni impazziti e ubriachezza molesta).
All'arrivo al finto aeroporto di Amburgo un tassista turco, una volta dissuaso dal suo intento di intraprendere una rissa con un collega, mi accompagna in pochi minuti al bed & breakfast, mantenendo una velocità di crociera di 150 all'ora (mia pacca sulla spalla e risatina finta-tranquilla mentre gli chiedo se è parente di Schumacher).

Metto piede nello stantio bed & breakfast già prenotato dall'Italia, gestito da Frau Ferdinande (che al telefono dava l'impressione di essere appena stata colpita da un ictus, e di persona ha confermato la stessa ipotesi) e da suo marito Nicolaus, ingegnere civile in pensione, cacciatore e cattolicissimo, un brav'uomo, purtroppo privo di alcun potere decisionale nelle faccende della pensione.
Le delizie di questo appartamento le posso apprezzare meglio al mattino, durante la colazione. Intanto la tipologia, la collocazione e la decorazione delle finestre dimostrano inequivocabilmente che esse non vengono aperte da mesi, donando all'appartamento quel tipico odore di portacenere, cane bagnato, moquette e uccelli impagliati tipico di una casa dove non si aprono le finestre da mesi. Ad ogni modo, va dato merito a Ferdinande di essersi ingegnata alquanto per fare bella figura al momento della colazione, apparecchiando la tavola con cura: in particolare, le uova sode indossano un caldo e coloratissimo cappellino di lana con pon pon. Poi è arrivata Tecla, bassottina da caccia che ha accentrato tutta l'attenzione.

Il centro è a pochi minuti a piedi e dopo la colazione mi appresto a conoscerlo da vicino. Prima di tutto, districandomi tra renne e alberelli, cerco l'ufficio del turismo, con alterni risultati. Per un errore di calcolo, infatti, approdo ad una porta che non è la porta dell'Holstentor che cercavo, bensì è la Burgtor, situata in corrispondenza dell'unico accesso via terra della città durante il Medioevo. È qui che fanno la loro apparizione due turisti svedesi chiamati come i mobili Ikea, che appariranno come per magia in momenti e luoghi diversi sempre a soccorrermi nel momento del bisogno.
La città è una lisca di sogliola circondata dai fiumi Trave e Wakenitz, tutta tempestata di chiese ricoperte di mattoni cotti e facciate color pastello. Per giungere alla porta sbagliata, avevo attraversato la via centrale della lisca, la Konigstrasse e poi la Breite Strasse dove si trova la pasticceria Niederegger, nota per il marzapane. Questa specialità lubecchese è di origine mediorientale, giunse qui al nord grazie ai soliti mercanti veneziani e prosperò grazie agli enormi campi di barbabietole da zucchero.
Si cominciano ad allestire le prime bancarelle natalizie e appaiono babbi e renne di metallo dipinto sulla scalinata rinascimentale, opera cinquecentesca di scalpellini fiamminghi. Un'altra piazza, il Koberg, attira la mia attenzione, non tanto per un tristissimo luna park chiuso, non tanto per l'imponente e antichissimo ospedale di Santo Spirito, quanto per la Kartoffelkeller, dove un compagno di volo nigeriano m aveva indirizzato per un succulento pasto.
Grazie al supporto dei succitati turisti con i nomi dei divani Ikea, riesco finalmente a giungere all'ufficio del turismo e alla porta dell'Holstentor, costruita nel 1400 per difendersi dai potenti danesi, famosa perché campeggiava sulle vecchie banconote da 50 marchi. All'ufficio del turismo quello che vendono lo vendono a caro prezzo e come suggerimenti di visita non faccio grandi passi avanti, con la differenza che però adesso ho una cartina e finalmente posso capire che razza di giro ho fatto per tutta la mattina.
Nel frattempo è giunta l'ora di pranzo: proprio da quelle parti, vicino all'imbarcadero, spicca una trattoria azzurra che mi propone specialità regionali e dove mi servono un manicaretto a base di avanzi di pesce risollevati con una testa d'aglio e diversi riccioli di burro, accompagnati dalle piacevoli chiacchiere del ristoratore, ben informato sulle vicende storiche del paese di cui sono molto curiosa.
Mentre lo stomaco è impegnato in un faticoso processo digestivo, raggiungo la Chiesa di St. Petri, completamente restaurata dopo i bombardamenti inglesi della domenica delle Palme del 1942; con l'ascensore si può raggiungere un bel punto panoramico. Torno dunque nella lisca diretta al Markt, la piazza centrale con l'antica gogna e il palazzo del municipio: è ormai buio e fili di luci e stelle annunciano che anche questa piazza è ingombra di bancarelle in fase di allestimento.
Anche la chiesa di St. Marien, costruita da più di un milione di mattoni, fu gravemente danneggiata dai bombardamenti (a testimonianza dei quali in una cappella laterale stanno le campane frantumate dall'incendio). Essa presenta il più grande organo del mondo nel suo genere, protagonista del concerto che sta per iniziare.
Per cena posso dirigermi senza remore alla Kartoffelkeller di cui sopra per gustare specialità come pasticcio di Simmenthal con barbabietole, cetriolini e uova fritte, aringhe con salsa all'aglio e patate in tutte le salse. La temperatura alle 23 è primaverile in novembre e le rose sono in fiore.

Domenica, giorno del signore. Le chiese luterane scampanano. Le ampie finestre sono addobbate. I cittadini pedalano. Frau Ferdinande si rifiuta categoricamente di farmi lasciare i bagagli a casa sua (nonché bed & breakfast da me pagato), costringendomi a mollarlo nei portabagagli della stazione.
Attraversando il Puppenbrücke adornato di statue, faccio ritorno alla porta dell'Holstentor, ai magazzini del sale lì sul fiume e dunque alla fermata del traghetto turistico. E dove ci sono i turisti ci sono loro, i turisti svedesi con i nomi delle librerie Ikea. Mi aspetta una piacevole gita in battello, costeggiando i magazzini, le facciate pastello, i mattoncini cotti, i romantici vascelli, i container, i parchi color autunno e poi, siccome ho bevuto un bicchiere di vino rosso Rotspon, che però lì in Germania un bicchiere è da 200 ml, non mi ricordo più molto bene.
La prossima tappa è il Dom, la cattedrale, dove è appena finita la funzione domenicale. Dentro ci sono un sacco di cose interessanti, ma fuori c'è il mercatino finnico, dove si possono mangiare: torta al salmone, tartine al salmone, zuppa al salmone.
Attraversando suggestivi vicoletti raggiungo la stazione, da dove prendo il treno per Travemünde, porto e stazione balneare baltica. Sul treno alcuni marinai ubriachi mi aiutano a scendere alla fermata giusta, ma vestiti proprio da marinai come il capitano Haddock di "Tin Tin". Travemünde è fatta di sabbia, edifici abusivi, gabbiani e bambini. Un indimenticabile incendiatissimo tramonto mi circonda per diversi minuti. E poi le prime luci della sera, e un faro in lontananza.
E poi di nuovo treno, navetta per l'aeroporto, check-in. In fila ci sono i miei colleghi del volo d'andata, con cui confronto gli esiti del week-end. In pratica, faccio la parte dell'intellettuale nonché monaca di clausura dedita ai polverosi musei, alla stantia architettura religiosa e alla vecchia e superata musica classica. Ma se è così, che ci facevano quelle peccaminose manette di peluche rosa sequestrate dall'addetta al controllo bagagli perché nascoste nella mia valigia?

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