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GONDAR, dove sembra di stare a Latina

Gondar, la vecchia capitale imperiale, è una tappa obbligatoria del circuito storico per le sue pittoresche rovine nell'area della cittadella reale, fondata dal re Fasilide nel 1600. Qui ammiriamo il castello merlato, le mura, il palazzo restaurato dagli italiani con stucco veneziano giallo, ma anche i cattivi restauri in cemento presenti nelle stalle, i puntelli antiestetici voluti dall'UNESCO e le jacaranda e poinsezie che impressionano gli abitanti dei climi temperati («Qui è tutto uguale, ma più grande!»).
Ci sono anche degli hotel come quello dove abbiamo alloggiato noi, che è stato costruito di recente grazie all'impiego degli abitanti dei villaggi, alcuni dei quali sono poi entrati nello staff (la direzione si scusa per iscritto se alcuni di loro sono ancora un po' grezzi). Il giardino è pieno di fiori, la terrazza riceve le visite di numerosi uccelli e anche gli arredi vogliono creare quell'atmosfera colonial-chic che poi viene immediatamente smontata da acqua calda inesistente, porte che non si chiudono, cuscini marchiati Servizi Ospedalieri Italiani.
Nelle vicinanze della città si trovano i bagni di Fasilide, che ogni anno vengono aperti ai fedeli in occasione della più importante festa ortodossa in Etiopia, il Timkat, che commemora il battesimo di Gesù Cristo nel Giordano. Anche se la vasca è vuota la fotografiamo lo stesso, invidiando però tantissimo quelli che la potranno fotografare, piena, durante le celebrazioni, quando l'acqua verrà benedetta, partirà la gara di gavettoni ortodossi e alla fine tutti si tufferanno in un enorme baccanale purificatorio (qualcuno avrà anche la fortuna di immortalare uno di quelli che ogni anno vengono stritolati dalla folla).
Presso la chiesa di Debre Berhan Selassie, sul soffitto della quale sono allineati un centinaio di angeli naif dalla faccia tonda e piatta, apprendiamo alcuni rudimenti della ritualità etiopica, come l'uso del grosso tamburo e del bastone; quest'ultimo ha molteplici usi, ad esempio serve da pratica stampella durante le messe, che possono essere molto lunghe (e non ci sono sedili), o ci si appoggiano le braccia quando è portato sulle spalle (centinaia di spaventapasseri in cammino).
Passeggiando nel centro di Gondar si potrebbe provare l'impressione di essere a Latina: l'architettura della città infatti deve molto al razionalismo portato dagli italiani alla fine degli anni Trenta. Nella piazza principale, di fronte al bar dei generali (oggi trasformato in grand hotel), si trova quello dei soldati, dove ci accomodiamo insieme a una undicenne che si mantiene agli studi vendendo chewing gum e fazzoletti (categorie merceologiche che, per qualche insondabile motivo, sono sempre accoppiate).
La cena resterà indimenticabile grazie alle quattro sorelle, tutte bellissime giovinette abbigliate secondo la tradizione, che gestiscono il ristorante omonimo. Dopo il ricco buffet, anche qui abbiamo modo di assistere alla cerimonia del caffè, che presenta una coreografia molto fotogenica: fili d'erba fresca sul pavimento, un tavolino basso pieno di tazzine di ceramica senza manico, un contenitore artigianale per l'incenso che brucia, dei granelli di caffè messi in padella a tostare; una esotica signorina che pesta a dovere il caffè e prepara il bricco fino all'ebollizione. E infine le sorelle, insieme a tutto il personale del ristorante, danno vita al balletto tipico: gli uomini suonano esotici strumenti, mentre le donne danzano facendo sobbalzare le tette e lanciando quegli urli più animaleschi che umani.
Mentre attraverso il giardino tropicale per andare in camera, medito sulla vita notturna di Gondar, sui noiosi postulanti e sui fagotti umani che dormono lungo i marciapiedi.

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